Prosegue lo scontro su Zelensky a Sanremo. La scelta della RAI di mandare in onda il discorso del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, durante la serata finale di sabato 11 febbraio, ha destato, infatti, molto scalpore.
Tra intellettuali, politici ed esponenti di spicco della società civile si allarga il fronte di chi è convinto che non sia necessario mandare in onda il videomessaggio, peraltro registrato, del presidente ucraino.
I sostenitori del “no” ritengono infatti che il festival della musica italiana non sarebbe il luogo più adatto per ospitare il Presidente di un Paese in guerra e che la politica debba restare fuori dal palco dell’Ariston.
Tra i fautori del “no” ci sarebbe anche l’Associazione utenti dei servizi radiotelevisivi, organismo iscritto al CNCU (Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti), presso il Ministero dello sviluppo economico, che ha annunciato formale diffida se la RAI non tornerà sui suoi passi e che ha avanzato la controproposta di dedicare un minuto di silenzio a tutte le vittime della guerra in Ucraina.
Al momento la RAI non sembra intenzionata a fare retromarcia e ha in programma di mandare in onda il videomessaggio prima dello spareggio finale.
“Speriamo che Sanremo rimanga il festival della canzone italiana e non altro”, ha detto il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, che ha poi aggiunto: ”Avranno fatto le loro valutazioni, quello che spero è che la guerra finisca il prima possibile e che il palcoscenico della città dei fiori rimanga riservato alla musica”.
Tra i contrari al videomessaggio di Zelensky anche il leader di Azione Carlo Calenda. “Ci sono pochi dubbi sulla nostra linea di sostegno all’Ucraina. Ritengo tuttavia un errore combinare un evento musicale con il messaggio del Presidente di un paese in guerra” ha dichiarato in un tweet.
Per Vauro questo invito suona più come una vera e propria “propaganda bellica in un momento in cui c’è bisogno di parlare di diplomazia, di cessate il fuoco e di pace”.
Per Giuseppe Conte se da un lato è stato corretto l’invito a parlare al Parlamento italiano, dall’altro non pare “così necessario” che il presidente Zelensky sia presente in “un contesto leggero come quello di Sanremo”
A pensarla diversamente il sindaco di Firenze Dario Nardella secondo cui l’invito a Sanremo è “un gesto di attenzione e di solidarietà al popolo ucraino” che ha poi concluso “dire che Sanremo deve essere avulso, separato da quello che succede nel mondo e in Italia vuol dire non conoscere Sanremo: vi si è sempre parlato di questioni politiche, dalla mafia alla violenza sulle donne, alle morti bianche”.
Bruno Vespa, che ha da poco ha intervistato Zelensky, parla di una polemica inutile e non si capacita del perché di tanto rumore, sottolineando come al Festival abbiano partecipato negli anni “alte personalità della politica internazionale e si siano “trattati tutti i temi sociali, anche scabrosi e controversi”.
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Ieri un folto gruppo di intellettuali ha minacciato di scendere in piazza proprio a Sanremo, sabato 11 febbraio, per protestare contro l’intervento del presidente Zelensky e firmando un manifesto di protesta, sostenendo la necessità di interrompere ogni aiuto diretto o indiretto a una delle parti in conflitto. Tra i firmatari ci sono Franco Cardini, Carlo Freccero, Joseph Halevi, Moni Ovadia, Paolo Cappellini e Alessandro Di Battista.
Quest’ultimo ha dichiarato ai microfoni dell’Ansa che non sarà presente alla manifestazione in piazza, ma considera la partecipazione di Zelensky una “ridicola buffonata”, concludendo “se stabiliamo che si inizia a rendere una manifestazione canora un luogo di dibattito di questioni politiche, allora che si parli anche di quello che sta avvenendo in Palestina”.
Foto da depositphotos.com
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