A Sanremo 2024 scoppia il caso La Sad per i loro brani violenti e sessisti: rischio esclusione?

di Redazione


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Il ‘caso’ La Sad, con la band punk rock scelta tra i big di Sanremo 2024 accusata di aver prodotto brani violenti e sessisti, riporta alla memoria un precedente simile, quello di Junior Cally nel 2020. Anche allora dal mondo politico e dell’associazionismo si levarono proteste e si chiese l’esclusione del rapper che, prima di presentarsi al festival con ‘No grazie’, aveva pubblicato testi sessisti e violenti.

Invocata l’esclusione della band per testi violenti

Oggi, con le stesse accuse, c’è chi invoca l’esclusione dei La Sad, per brani come ‘Mayday’, ‘Psycho Girl’ e ‘Sto nella sad’. Nel 2020, le polemiche si chiusero come erano nate: la commissione musicale doveva valutare il brano presentato per quell’edizione, non il repertorio degli artisti. Qualcuno invocò un cambio al regolamento, per una ‘valutazione etica’, ma difficilmente si potrebbe escludere un artista dopo averlo scelto sulla base di un brano nuovo.

La commissione deve giudicare il brano, non il repertorio

Amadeus ha chiesto di evitare “pregiudizi” e di ascoltare prima i brani. Ma da che Sanremo è Sanremo, polemiche non ne sono mancate. Già nel 1952 la DC si sentì offesa da ‘Papaveri e papere’, letta come presa in giro dei politici. Nel ’57 l’MSI criticò il comportamento di Claudio Villa. Interventi politici continui, come le accuse alla selezione dei cantanti dell’MSI nell’89 o quelle alla conduzione della FGCI.

Da sempre polemiche su canzoni, artisti e conduzione

Nel ’75 il DC Francesco Turnaturi cantò in gara ‘Ci son cose più in alto di te’, non entrata negli annali. I testi finirono spesso nel mirino, da Vasco a Celentano. Classici gli attacchi agli stipendi di conduttori e ospiti. Nel 2000 dediche alla causa Jubilee scatenarono la destra. Cossiga rischiò di andare al Dopofestival nel 2003. L’hashtag #boicottaSanremo ricorda il comitato BoBe contro Benigni nel 2000.

Libertà artistica da bilanciare con responsabilità?

Le polemiche non mancarono con Baglioni nel 2019, tra migranti e conflitto d’interessi. E con Achille Lauro, accusato di incitare al consumo di droga. Persino la vittoria di Mahmood scatenò Salvini. Insomma, il Festival rimase sempre un evento molto chiacchierato. Stavolta il caso La Sad ha riacceso le luci sulla necessità di trovare un delicato equilibrio tra libertà artistica e responsabilità. L’augurio è che la musica, ancora una volta, sappia unire al di là delle inevitabili polemiche. Intanto sono aperte le scommesse sui favoriti.

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