«Piemontese di mente e siciliana di cuore». Questa è la storia di Samantha Di Laura, l’imprenditrice piemontese che ha deciso di aprire la sua azienda tutta al femminile in Sicilia si definisce .
A Menfi è nata la sua “Samantha Ethical Management”, azienda che si occupa di consulenza strategica e aiuta le piccole e medie imprese del settore agroalimentare a trovare il miglior posizionamento dei prodotti sui mercati.
Tutto improntato alla sostenibilità quindi aiutandole anche a ridurre l’impatto ambientale nelle fasi produttive (oggi è la giornata mondiale della terra e delle pratiche sostenibili di cui Samantha è un esempio).
Il suo motto è «investire tenendo in considerazione l’impatto ambientale è un modo intelligente di fare impresa».
L’imprenditrice incentiva anche il benessere delle persone. Prime fra tutte le sue dipendenti. Nella sua impresa ha infatti creato la biblioteca e il nido aziendale dando la possibilità alle mamme di portare i bimbi con loro in ufficio. Sul modello americano.
Una innovazione in una terra e in un paese, più in generale, in cui capita, purtroppo, che una pallavolista resti incinta e venga citata per danni dalla società: il riferimento è alla vicenda di Lara Lugli che un mese fa ha scritto al premier Draghi e chiesto l’intervento del governo. Samantha, che ha girato il mondo, ha vissuto a Madrid, Siviglia, e Damasco dove andò da sola a vent’anni per apprendere l’arabo, dopo la laurea entra in Euricom, uno dei più grandi gruppi alimentari italiani, conosciuto per il marchio Curtiriso, a 26 anni era già export manager per il Medio Oriente dove andava a contrattare carichi di riso con gli importatori.
«Ero una giovane donna e, non appena mi vedevano, gli uomini d’affari con cui avevo fissato gli incontri assumevano la tipica espressione da “Gli italiani sono impazziti: ci mandano la ragazzina”.
Glielo leggevo negli occhi, a tutti, indistintamente. Mi mettevano alla prova, mi facevano domande sul prodotto e sul mercato. E io riuscivo a guadagnare fiducia e rispetto non solo per la conoscenza del prodotto e delle dinamiche di mercato. Non capitava loro spesso di trattare nella loro lingua con un’italiana». Ha detto a Repubblica.
La Sicilia però ce l’aveva nel cuore. «Sono nata a Vercelli ma da genitori nati sulle Madonie, in quella Sicilia di montagna poco conosciuta dal turismo». Era a Siviglia quando ha deciso di mollare tutto e venire nell’Isola.
«Lavoravo alla Herba, oggi una delle più grandi multinazionali alimentari europee, il marchio Pasta Garofalo dice nulla? Avevo sempre la Sicilia nel cuore e, nonostante amici, colleghi e clienti mi dicessero che era una follia, ho deciso di compiere un viaggio inverso. Dal nord economico, dal Piemonte e dalla Spagna, allora in espansione, verso il sud dell’Italia».
La Sicilia. Dove, non contenta, ha pure creato il suo olio, Oliove dall’unione delle parole olio e love, amore – in cui si riconosce un preciso valore nutraceutico all’olio e dunque anche un valore economico etico e che ha ottenuto due medaglie a Londra per la qualità e il packaging sostenibile. E poi l’ultimo nato tra le produzioni.
«Per meglio dire, l’ultima nata, Lucìe» vino biologico. «Vivo a Menfi, sulla costa occidentale della Sicilia, di fronte al mare aperto verso l’Africa». Cosa volere di più? Il suo passato le ha consentito di costruire il presente, in Sicilia, davanti al mare. Adesso è lei a dire a tutti gli altri: «siete pazzi a pensare che io vada via da qui»