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Ospite della terza edizione di Vanity Fair Stories Annalisa
“Nuda” è il nome dell’ultimo album di Annalisa. L’intento è tutt’altro che provocatorio: l’obiettivo è analizzare in fondo uno dei problemi più grandi del nostro tempo, cioè il bisogno di liberarci di tutti i filtri che si frappongono tra noi e il mondo.
Com’è riportato da Vanity Fair: «Attraverso i social mostriamo tantissimo, ma di vita vera ce n’è poca. È per questo che ho sentito l’esigenza di distruggere tutti i veli che ci separano dagli altri» spiega Annalisa intervistata a distanza dal direttore Simone Marchetti.
La connessione con la realtà, con ciò che ci circonda in maniera tangibile, non è, però, solo una spinta che parte dai social, ma anche dalla musica stessa: per Annalisa, infatti, è necessario che l’arte «abbia una connessione fortissima con la realtà, inclusi i tempi che corrono». Il fatto che House Party, il singolo che ha scelto di pubblicare durante il primo lockdown, contenesse molti elementi in attinenza con lo stato d’animo di ciascuno di noi è stato, però, un caso.
«Ho fatto uscire quella canzone, che per assurdo raccontava molto bene il momento che stavamo vivendo, anche per far circolare la musica. La musica è importante per chi la riceve, ma anche per me che la faccio: condividendola, mi sono sentita meno sola. La musica, d’altronde, è una spinta fondamentale nella mia vita: è così che ho affrontato il lockdown di marzo e di aprile».
Al di là della playlist del suo cuore, composta da tutte le canzoni che «raccontano qualcosa che mi colpisce e che avrei voluto raccontare io», da Born to die di Lana Del Rey a Waiting Game di Banks, Annalisa confessa non solo di avere un debole per quelli che lei stessa definisce «tripponi», ma anche che la cosa più liberatoria che potrebbe mai fare nella sua vita è ascoltare la musica mentre nuota, isolandosi da tutto e da tutti.
Sulla nuova ondata di femminismo e sulle conquiste raggiunte dalle donne negli ultimi decenni, l’artista ha una posizione molto matura: «Abbiamo fatto tanti passi avanti, ma ultimamente ho avuto la sensazione di tornare indietro. In generale, mi piacerebbe che cominciassimo a parlare di persone, non solo di donne e di uomini. Mi sembra assurdo doverlo specificare, dovremmo parlare solo di individui e di quello che vogliono fare nella loro vita, degli obiettivi che possono raggiungere senza nessun tipo di freno. Il punto di arrivo per me è quello: non dover più specificare nulla».
Se il momento di massima felicità per Annalisa è «rendermi conto che il lavoro che ho fatto viene compreso, sentire di aver conquistato uno spazio ed essere riuscita a dire quello che volevo», sulle paure è più prudente: «Spesso mi tormentano i dubbi, come la mia ultima volta a Sanremo, quando non ero sicura che la canzone che avevo scelto fosse quella giusta. Invece è andata bene, abbiamo fatto tutti un grande lavoro ed è molto bello quando questo succede. I momenti difficili arrivano prima».
Sul futuro della musica, lo sguardo coincide con una grande presa di coscienza: «Dobbiamo prendere le redini di quello che succede e farlo succedere. Tutto è cambiato con una velocità disarmante, anche grazie a Spotify: penso, però, che bisognerebbe invertire la tendenza, anziché inserire nella tua playlist le canzoni estrapolate da un album, occorre riempire una playlist per poi dare vita a un album, coronare questo percorso con il supporto fisico». Quanto al ritorno dell’esibizione live, che per Annalisa al momento coincide con una data, il 5 maggio, e un luogo, il Fabrique di Milano, la scelta della prima canzone che canterà dal vivo non pò che essere una: Nuda, quella che dà il titolo al disco. «Mi piace iniziare l’esperienza del concerto con la canzone che in qualche modo anticipa tutto quello che arriverà dopo. In tutti i miei dischi ce n’è sempre una».
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