Frankenstein, di Mary Shelley, 1818
La Shelley, moglie del grande poeta Percy Bysshe Shelley, scrisse il romanzo dopo aver avuto un incubo, causato dalle conversazioni che il marito teneva con Lord Byron, anch’egli poeta. Era l’epoca dei grandi timori circa lo sviluppo di scienze e tecnologie, la gente temeva di veder cambiato il corso della normale esistenza umana per mezzo di esperimenti immorali e contrari alla Natura e a Dio. La trama si concentra attorno a Victor Frankenstein, traumatizzato dalla morte della mamma. Già affascinato dalle scienze, inizia a studiare per cercare di realizzare l’impossibile, ovvero un uomo superiore, dotato di salute perfetta, che rasenti quasi l’immortalità. Crea un vero mostro, orrendo alla vista e con una forza smisurata, che commetterà terribili delitti. Quest’opera stupì per i temi, per i tanti riferimenti letterari e perché, quando finalmente l’autrice decise di venire allo scoperto, i critici non poterono che constatare il grande talento di una donna letterata e giovanissima (aveva 21 anni!). Un classico che ha affascinato anche il cinema, con pellicole rimaste ancora oggi famosissime.
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Dracula, di Bram Stocker, 1897
La figura del conte Vlad di Valacchia è ben nota a tutti e Stocker fu l’ultimo a ricreare la sua figura con una grandezza da vero artista della penna. Il conte Dracula cerca casa in Inghilterra e l’avvocato Jonathan Harker, il quale deve aiutarlo in questo compito, si reca in Transilvania per incontrarlo. Nonostante la gente del posto supplichi il giovane di non andare, Jonathan porta a termine il suo dovere e si reca dal Conte. Questi appare come un anziano distinto e affabile. Non tarderà però a mostrare la sua vera identità. Gli adattamenti cinematografici, televisivi e letterari ricalcati sulla figura del vampiro non si contano. Resta uno dei “mostri” più affascinanti della Letteratura, che dall’Ottocento in poi viene mostrato come un uomo distinto, aristocratico, ben inserito nell’elite e dal torbido ed irresistibile fascino. Stoker aggiunge a tutti questi stereotipi le conclusioni di un profondo studio sul folklore della Transilvania e delle zone circostanti, che ospitavano genti di varie etnie e quindi difficilmente classificabili dagli altri popoli, nonché una importante ricostruzione storica su come veniva visto lo “straniero” in Inghilterra. “Dracula” di Stoker viene universalmente riconosciuto come l’ultimo grande romanzo gotico.
“Il castello di Otranto”, di Horace Walpole, 1764
Se il Dracula di Stoker è riconosciuto come l’ultimo romanzo gotico, il capostipite del genere è invece “Il castello di Otranto”. Il romanzo si apre con i preparativi del matrimonio tra Corrado, malaticcio e apatico figlio di Manfredo d’Otranto, e la bella Isabella, figlia del signore di Vicenza. Poco prima della cerimonia però Corrado muore, schiacciato da un enorme elmo caduto dal cielo, simile a quello indossato da una statua di Alfonso, uno dei precedenti regnanti d’Otranto. Al principe Manfredo restava solo una figlia femmina, e dunque aveva bisogno di un erede maschio che garantisse al casato di continuare a regnare. Cercò quindi di convincere Isabella a sposarlo ma per fare questo doveva ripudiare la buona principessa Ippolita. Dopo una serie di effetti magici, di apparizioni di spiriti, di giganti che giravano per il castello, di personaggi minori che entrano in gioco con i protagonisti, si avvererà la profezia che pendeva malevola sul casato d’Otranto. Anche se in alcuni punti appare ingenuo, Walpole fu all’epoca molto coraggioso nel pubblicare questa opera. I romanzi con protagonisti giganti, mostri e personaggi fantastici e paurosi erano mal visti dai moralisti dell’epoca. Se oggi la suspance cinematografica viene ricreata con porte che si aprono senza alcuna mano a muovere, rumori che non dovrebbero esserci e strane ombre che si aggirano indisturbate in case abbandonate, lo si deve prevalentemente alla fantasia di Walpole.
It, di Stephen King, 1986
Maestro contemporaneo del genere horror, King riesce a colpire i lettori servendosi di archetipi che da sempre possono risultare inquietanti. I clown rappresentano per molti una fobia insuperabile, al pari della claustrofobia. Un intero romanzo incentrato su questa figura, dal quale è stato tratto anche un famoso film per la tv, rende questo pauroso incubo una realtà. In verità It, “esso”, ovvero qualcosa senz’anima e non umano, riesce a trasformarsi nella paura inconscia di chi lo incontra, ma tutte queste personificazioni riportano proprio all’inquietante pagliaccio. Il romanzo è complesso, It rappresenta tutti i mostri che spesso accompagnano le fantasie dei bambini, specialmente quelli che vivono situazioni familiari o sociali disagiate ma è anche il “male assoluto” personificato e realmente letale, che ogni 28 anni torna per uccidere bambini innocenti. “It” viene considerato il capolavoro di Stephen King.
L’esorcista, di William Peter Blatty, 1970
Pauroso a dirsi, ma l’autore prese ispirazione da un fatto realmente accaduto per scrivere questo romanzo. Nel 1949, infatti, un ragazzo di 14 anni venne ritenuto posseduto dal Demonio ed esorcizzato per due mesi da un prete. A quanto pare l’esorcismo andò a buon fine ed il ragazzo tornò alla normalità ma il fatto colpì la fantasia di Blatty, che 21 anni dopo creerà la figura della dodicenne Regan. La ragazzina, diventata violenta senza alcun motivo apparente, viene sottoposta a tutte le cure che la medicina ufficiale metteva a disposizione, terapie psichiatriche comprese. I miglioramenti sperati però non arrivavano e i medici persuasero la mamma della bambina, una star del cinema dichiaratamente atea, di rivolgersi ad un esorcista. La proposta dei medici non era legata ad una vera convinzione dell’esistenza del Maligno ma all’idea mostrata dalla ragazzina stessa di essere posseduta dal Diavolo; la messa in scena di un esorcismo l’avrebbe forse liberata psicologicamente. La madre si rivolgerà allora ad un sacerdote gesuita laureato in psichiatria e in crisi di fede egli stesso, che eviterà fino all’ultimo l’esorcismo su Regan, ritenendo questa pratica legata a vecchie credenze superate. Quando però comprenderà che l’unica salvezza per la ragazzina è scacciare il Male da lei, verrà aiutato da Padre Merrin, esperto in questo campo. Diventato un best sellers quando uscì, da “L’esorcista”venne tratto un film che resta ancora oggi un incubo per milioni di spettatori, anche a distanza di 38 anni.
Rosemary’s Baby, di Ira Levin, 1967
Rosemary e Guy sono sposati, giovani e felici. Decidono di trasferirsi in un appartamento, a New York, conosciuto per via di avvenimenti misteriosi e inquietanti. La coppia non tiene conto della cattiva fama vanno a viverci. Fanno amicizia con i vicini di casa, Roman e Minnie Castevet, le tipiche persone dall’aspetto tranquillo e sereno. In seguito la coppia scoprirà che i due fanno parte di un circolo di streghe. I guai però iniziano quando Rosemary resta incinta; in realtà il bimbo aspetta è figlio del Diavolo, il quale aveva “stipulato un patto” con Guy: il grembo di Rosemary in cambio di una brillante carriera d’attore. I nove mesi di gestazione saranno un incubo per la donna, sempre più disperata e sola. Inutile dire che anche da questo romanzo è stato tratto un famoso film campione d’incassi, con una giovane Mia Farrow nel ruolo di Rosemary.