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Helen Nonini, intervista alla “problem solver”- scrittrice corteggiata da tutti i giornali
Ha un’anima cosmopolita, è dotata di un’intelligenza vivace e di una ferrea logicità. Il suo nome è Helen Nonini ed è la “problem solver” più famosa d’Italia, la donna che passa le sue giornate a risolvere le richieste più curiose di persone delle quali, nella maggior parte dei casi, non conosce il volto. Il suo lavoro è incessante: il telefonino squilla qualsiasi ora del giorno e della notte, le e-mail quotidiane arrivano a superare i 1 700 messaggi, senza contare gli sms. Se il giorno è dedicato per lo più alla risoluzione concreta dei problemi altrui, la sera “inizia la seconda parte del lavoro, quella costruita sulle relazioni, sugli eventi, sugli incontri di “costume”. Quella mondana. Quella della socializzazione. Quella dove è importante ricordare i nomi di tutti. Quella dove i rapporti di coppia non durano più di una crisalide”, come scrive Helen nel suo primo romanzo “Professione problem solver”.
Il “problem solver” è una professione per il nostro paese relativamente nuova. Di cosa si occupa esattamente?
Si occupa, come dice il termine stesso, di risolvere i problemi. Da una parte accelera il meccanismo di risoluzione del problema, dall’altra è una “venditrice di tempo”.
Cioè?
Semplice: presta il proprio tempo per risolvere delle questioni che altri non hanno il tempo di seguire.
Come sei arrivata a questo lavoro?
Un po’ per caso. In realtà, nella vita di tutti i giorni, sono sempre stata una “problem solver” per gli altri: i miei amici e conoscenti si rivolgevano a me quando dovevano trovare ad esempio un biglietto per un concerto o un ristorante in vacanza. Non so perché! Ma è sempre stato così! Comunque, tornando al lavoro, sono stata contattata dagli azionisti di maggioranza di Quintessentialy, la società che ha portato in Italia questa professione in modo certificato. Molto probabilmente la scelta è caduta su di me per la mia rete di contatti.
Prima di cosa occupavi?
Prima di iniziare questo lavoro avevo passato un anno sabbatico in India a seguire un progetto che si occupa dei bambini di strada. Prima ancora, per sette anni, lavoravo nel mondo della finanza.
Quindi sono passata dalla finanza, al “nulla” dell’India, al lusso più sfrenato.
Come si diventa “problem solver”?
In realtà non c’è un percorso professionale. Esistono innanzitutto delle attitudini: è necessario essere molto disponibili, avere un autocontrollo elevato (tutti i rapporti sono telefonici quindi, non puoi permetterti di avere un tono di voce sbagliato con una persona che non conosci!) ed essere in grado di comunicare che sei la persona che risolverà i loro problemi.
Cosa consiglieresti alle nostre lettrici che aspirano a intraprendere la tua professione?
Beh, innanzitutto di mandare una e-mail all’ufficio Risorse Umane di Quintessentially e poi consiglierei di fare un’esperienza all’estero.
Quante lingue dovrebbe sapere un Problem Solver?
Almeno tre: italiano, inglese e un’altra lingua, che potrebbe essere il francese, il tedesco, il russo, il cinese…
Quante lingue parli?
Cinque lingue: italiano, arabo, inglese, parsi e francese.
Quali doti e quali requisiti culturali dovrebbe avere un problem solver?
Una preparazione culturale generica ed essere sempre aggiornato su tutto. La nostra professione implica infatti una costante ricerca e, quindi, è necessario leggere di continuo.
Lavori da sola o all’interno di un’agenzia ad hoc?
Oggi lavoro come consulente esterna.
Chi sono i tuoi clienti?
Ho una clientela abbastanza trasversale: dai manager che, magari, per motivi di lavoro viaggiano spesso e hanno bisogno di supporto in più città, alle persone separate che hanno i figli da gestire in varie parti del continente (es. il padre vive a Londra, un figlio a Parigi e uno a Milano), alle donne che lavorano e hanno problemi di gestione pratica della loro quotidianità (ad esempio il ritiro dei capi in tintoria), ai super ricchi.
Cosa intendi per “super ricchi”?
Le persone dello spettacolo internazionale o i clienti dei mercati emergenti, cioè del Brasile, Kazakistan, Cina, Ucraina…
Lavori sono in Italia o gestisci anche clienti esteri?
No anche esteri. Spesso mi capita che siamo i miei ex colleghi all’estero che mi chiamino per i loro clienti che transitano in Italia.
Ci sono personaggi famosi tra di loro?
Personalmente, al momento, non ho clienti famosi. Ma, a Quintessentially si sono rivolti personaggi del calibro di Madonna, Sting, Gwyneth Paltrow, Johnny Deep e Kate Moss.
Perché usano questo tipo di servizio?
Fondamentalmente per una questione di privacy. Ad esempio devono prenotare un albergo o un volo aereo e le prenotazioni e il pagamento avvengono a nome Quintessentially.
Deduco che tu abbia a che fare anche con personaggi “capricciosi”. Da uno a 10 quanta pazienza hai?
11!
Qual è stato il problema più assurdo che hai dovuto risolvere?
L’episodio più assurdo è legato a un Ministro del nostro Governo a cui avevo organizzato un viaggio in Nord Africa . Mi aveva chiamato per chiedere alla guida – che era sulla sua stessa macchina e che parlava perfettamente italiano! – di domandare all’autista di fermare la vettura per comperare dell’acqua!
Un giorno mi è arrivata una e-mail con la richiesta di quattro piccioni di Venezia e poi anche di un coccodrillo.
Vero?
No, di plastica. Volevano il coccodrillo che avevano visto in una vetrina a Miami per una festa.
Qual è il tuo atteggiamento mentale di fronte a questi problemi?
Non mi pongo mai il problema per cosa servano gli oggetti richiesti: il mio problema è trovarli, punto. Quando ho ricevuto la richiesta dei piccioni, la mia risposta è stata: “Maschio o femmina?”. Per il coccodrillo ho invece chiesto: “Vivo, imbalsamato o di plastica?”.
E quello che non sei riuscita a risolvere?
Sostanzialmente tre. Una mattina un mio associato si sveglia e mi chiede una lezione di aerobica con Madonna. La richiesta era impossibile da inoltrare alla diretta interessata la quale aveva già rifiutato di scattare una foto con un altro mio cliente nel backstage di un suo concerto. Il cliente in questione sarebbe stato disposto a pagare una cifra altissima!
L’altra richiesta era di far uscire, in occasione del compleanno di un mio associato, uno spogliarellista e una spogliarellista da una torta. Non ho potuto occuparmene perché, nonostante “l’intrattenimento” non sia considerato “prostituzione”, è sempre molto ambiguo.
L’ultimo caso è quello di un cliente che alle 3 di notte mi ha chiesto gli arancini ripieni di carne di pollo. Sono salita su un taxi e ho girato per tutta la città alla loro ricerca ma, ahimè, gli arancini di pollo non li fa nessuno! Alle fine il mio cliente ha deciso che avrebbe optato per mangiare altro!
Ti pongo un problema che potrebbe capitare in questo periodo dell’anno: un tuo cliente è su una barca a vela in mezzo al mare, diciamo a poche miglia dalla Corsica. Si rompe il frigo e si scioglie il gelato che aveva comprato nella gelateria di Camogli che, per caso, oggi è chiusa per “motivi familiari”. I suoi figli vorrebbero mangiare in gelato e lui e sua moglie sorseggiare un bicchiere di vino fresco al tramonto. Come ti muovi in questo caso?
La gelateria è sì chiusa ma non è detto che non ci sia nel frigorifero un po’ di gelato. Per cui, fondamentalmente fare tre mosse: 1 trovare un servizio-motoscafo che consegni il gelato 2 mandargli un frigorifero temporaneo 3 chiamare qualcuno su Camogli – tipo il consierge di un albergo di lusso – e recuperare il cellulare del titolare della gelateria. Ovviamente, prima gli mando un sms per non essere troppo invadente. Poi devo capire che tipo di vino desiderano… Nel frattempo, potrebbe anche arrivarmi la richiesta di una violinista che li diletti con la sua musica al tramonto. Insomma, non c’è mai limite alle richieste.
E’ uscito da poco il tuo primo libro – “Professione problem solver” – edito da Sole24Ore. Ci racconti qualcosa in merito?
E’ uscito il giorno del mio compleanno: il 18 maggio! Ed è in vendita nelle librerie e on-line, anche in formato i-book e all’interno degli aeroporti. Si tratta di un romanzo e non di un manuale, come molti pensano. E’ la prima business novel pubblicata in Italia in cui viene raccontata una professione attraverso uno spaccato di vita privata. E’ il backstage di un lavoro singolare con aneddoti, difficoltà e alcuni aspetti che molti non si attendono da una persona che svolge questa professione. Dal romanzo emerge ovviamente la componente umana e c’è anche una storia d’amore.
Quanto c’è della vita di Helen in questo romanzo?
Tanto… il 70%.
Guadagna tanto una problem solver?
Dipende, di solito i clienti pagano una quota annuale. Se mi chiedono un consiglio, una prenotazione di un albergo o di un ristorante o di un volo aereo, non c’è alcuna fatturazione. E’ evidente che se mi chiedono di cercare un regalo, c’è una fatturazione in base alle ore in cui sono stata occupata nella ricerca.
Quanto tempo hai per te?
Tanto e nulla. Non c’è una divisione tra tempo libero e lavoro: come posso considerare il vernissage di una mostra? Per me è lavoro e, allo stesso tempo, divertimento. Devo dire che mi sono ritagliata degli “slot” settimanali: la seduta con la manicure e la lezione con la mia personal trainer. Per il resto, non c’è distinzione.
E il week end?
Mi capita spesso di dover andare a vedere una collezione, un nuovo posto, un nuovo ristorante… In più, devo sbrigare tutte le mie commissioni che fanno parte della quotidianità!
Il tuo telefono squilla anche quando sei in vacanza?
Sì, l’anno scorso, ad esempio, ero in Alto Adige e mi hanno chiamato perché a Capri c’era un armatore greco che voleva organizzare una festa il 15 agosto. Avevamo 24 ore di tempo per chiedere i permessi. Sono riuscita a lavorare dalla montagna con il mio Blackberry e con l’aiuto di un mio contatto su Napoli.
Un’ultima domanda. Come si veste una Problem Solver?
Beh, iniziamo a dire che non possiedo un armadio ma ho uno appendiabiti dove a destra ci sono i capi invernali, a sinistra quelli estivi. Acquisto solo roba che poi indosserò, cioè gli abiti 4X4X24. Cioè tessuti che possono essere utilizzati 24 ore al giorno per 4 stagioni. Ovviamente ho qualche capo invernale molto pesante. Però ad esempio ho un sacco di abiti senza maniche a cui, quando fa freddo, abbino un cardigan. Oppure ho un abito in seta blu che, in base agli accessori a cui lo abbini, può essere adatto a tutte le occasioni.
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