Addio allo stilista Thierry Mugler

di Redazione


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Lutto nella moda: è morto Thierry Mugler

Con la morte dello stilista Thierry Mugler si chiude un capitolo dello stile. Lo stile degli anni Ottanta, in cui “l’unica misura è essere smisurati”, come amava dire l’iconico designer, nato a Strasburgo nel 1948, scomparso a Parigi il 23 gennaio del 2022. Ogni suo défilé era un grande evento.

Eventi indimenticabili, come il decimo anniversario della sua casa, nel 1984. In quell’occasione ha organizzato la prima sfilata pubblica di moda in Europa: allo Zenith, davanti a 6mila persone. Proprio come un concerto rock, con biglietti in vendita a 178 franchi ciascuno. «Ho sempre pensato che la moda non bastasse da sola e che dovesse essere mostrata nel suo ambiente musicale e teatrale», ripeteva spesso.

La sua prima collezione personale, battezzata Café de Paris, è datata 1973. Nato per diventare ballerino, era poi approdato alla moda quando gli studi d’arte avevano avuto il sopravvento. Ha coltivato anche l’amore per la fotografia (scattava personalmente le sue grandiose campagne pubblicitarie), per l’arte e per la regia. Non tutti lo sanno, ma è stato proprio Thierry Mugler a dirigere uno dei video musicali più belli di  George Michael, “Too Funky”.

 

 

Le celebrities che hanno indossato Mugler

Dagli anni Ottanta ha vestito moltissime icone. Il suo capo must erano i corsetti, scelti da tantissime celebrities: da Madonna fino a Lady Gaga e Sharon Stone. Poi sono arrivate le creature robotiche e le donne-cigno o farfalla. Sempre lui ha lanciato anche una collezione maschile, nel 1978. Non poteva mancare anche un profumo: risale al 1992 il lancio di “Angel“.

L’elenco delle star che hanno indossato i capi firmati da Thierry Mugler è praticamente infinito. Ha vestito David Bowie in tante occasioni e nel giorno del matrimonio con Iman, nel 1992, ma anche Cardi B, Beyoncé, Nicole Kidman, Katy Perry, Bella Hadid, Cindy Crawford e Rihanna. Couturier, è vero, ma soprattutto performer.

Manfred, «un nome che avevo tenuto in caldo per moltissimi anni, ma è il mio primo, vero nome», nel corso degli anni aveva elaborato una silhouette dai grandi volumi. Tutto all’insegna dei superlativi. Spalle larghe, vita sottile, tacchi alti, trucco marcato e grande sensualità.

L’azienda è fallita nel 2022 ma, anni dopo l’abbandono della carriera da fashion designer, aveva continuato a dedicarsi all’arte in ogni sua forma espressiva. Costumi teatrali, editoria, fotografia e una cura di sé quasi maniacale. «Ho subito una ricostruzione facciale a seguito di un grave incidente in palestra che mi ha completamente fracassato la faccia» ha raccontato.

Beyoncé, Kim Kardashin e le star di Thierry

Quell’intervento sarebbe stato una “molla“, in grado di far scattare la passione di Thierry Mugler per diete, bodybuilding, cura spasmodica del corpo: «Il mio corpo è in perenne costruzione, è la mia casa da comporre, scomporre e riarredare quando e come voglio» ha detto. Il suo modo di essere includeva anche la capacità di stupire o scioccare gli altri. Una reazione che non lo infastidiva affatto.

Un omaggio allo stilista francese passa inevitabilmente dai suoi pezzi iconici. Nel 1992 il suo corsetto a forma di manubrio di bici, con luci intermittenti, fu un successo alla mostra “Superheroes” al MET di New York. Fu allora che Beyoncé lo volle come direttore artistico per il tour “I Am…” nel 2009.

Nel 2019 Cardi B. ha scelto l’abito “Nascita di Venere”, la cui creazione risaliva al 1995. Sempre al 2019 risale l’abito “Wet Couture Dress“. Forse il nome, a molti, non dirà nulla, ma basta guardare la foto di Kim Kardashian che lo indossa per averlo ben chiaro in mente. Quel capo sarebbe stato ispirato dalla grande Sophia Loren.

«Per me la bellezza nasce dalla libertà di osare di essere diverso. Di essere estremamente te stesso. Oggi la bellezza non è più usata come legame emotivo per le persone, il che non è giusto, perché la bellezza è una delle cose più importanti nella vita – e nel mondo – se ti prendi il tempo per guardarla», ha detto Thierry Mugler, in un’intervista al New York Times. E, allora, ricordiamolo con le sue stesse parole. Nessun altro, probabilmente, avrebbe potuto descriverlo meglio.

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