A quante sarà capitato di pensare dinanzi all’ennesima sofferenza, ad un dolore che non conosce tregua, al senso di impotenza per cambiamenti attesi che sembra non arrivare mai oppure dinanzi al ripetersi di una delusione amorosa,: “perché mi innamoro della persona sbagliata?”.
Per prima cosa, è opportuno chiarire che cosa s’intende per “persona sbagliata”: se per “sbagliato”, s’intende il fatto che il lui della questione non corrisponde perfettamente ai nostri canoni mentali, alle nostre aspettative ideali o a quelle altrui (genitori, familiari etc…), la questione è assai differente dalle situazioni in cui, invece, “sbagliato” implica che colui che dovrebbe amarci, darci sicurezza e protezione, ci tratta male, fino addirittura ad assumere comportamenti aggressivi e violenti o comunque atteggiamenti problematici che inducono sofferenza anziché piacere.
Nel primo caso, è da chiedersi se sia sbagliata la scelta della persona con cui è sbocciato l’amore oppure sia, al contrario, sbagliato mantenere un’aderenza rigida ad uno schema mentale che ci siamo costruite ma che di fatto si scontra con la realtà. Infatti se la persona di cui ci siamo innamorate è una persona che ci ama, che ci fa stare bene, che amiamo e affidabile, forse è il caso di interrogarsi se non sia il caso di modificare i nostri schemi mentali in virtù di una realtà diversa e inaspettata ma comunque piacevole e positiva.
Situazione assai diversa, invece, se per “sbagliato”, s’intende il fatto che il lui amato e da cui ci si aspetterebbe amore, protezione e sicurezza, al contrario, è motivo di costante e logorante sofferenza, per agiti aggressivi e violenti e/o comportamenti problematici e patologici.
Poiché la scelta del partner non è mai casuale, risponde sempre a bisogni personali, più o meno coscienti, allora è il caso di fermarsi a riflettere sui motivi di tale scelta, se la relazione affettiva può veramente generare benessere e se le difficoltà che si vengono a presentare siano risolvibili.
Nel caso in cui non vi siano aspettative di miglioramento e la prospettiva è il perpetuarsi di una condizione di sofferenza e di malessere, allora è il caso di chiedersi che cosa induce a perpetuare la relazione.
Nella mia esperienza clinica, osservo che il perpetuarsi di relazioni affettive malsane risponde spesso alla necessità di evitare il timore della solitudine, il disagio e la sofferenza legati alla eventuale separazione, al desiderio personale di concretizzare progetti di vita (convivenza, maternità etc) e/o alla convinzione – spesso utopistica – di “salvare” e aiutare la persona amata.
Oltre ad individuare i motivi profondi che mantengono la relazione, è opportuno fare un esame di realtà e valutare con sufficiente ragionevolezza, magari anche con l’aiuto di un esperto, se vi è la disponibilità da parte di entrambi a risolvere le difficoltà in essere e se vi sono margini di miglioramento, In caso contrario, per quanto non sia semplice, è opportuno valutare i costi nel mantenere attiva una relazione che non funziona e che può risultare talora nociva.
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