Se è vero che il panico può bloccare condizionando l’equilibrio psicofisico personale come anche la vita quotidiana, è altresì vero che fortunatamente si può curare e si può vincere.
Come anticipavamo la scorsa volta, ciò che lo determina è l’interpretazione sbagliata dei sintomi fisici (magari intensi e spiacevoli) che si possono venire a presentare. E ciò che contribuisce a mantenere la paura della paura è anche il comportamento che spesso ne consegue: condotte di evitamento e/o ricerca di supporti e protezione, legati ad una sensazione generale di vulnerabilità. Il panico si affronta e si cura con un breve percorso psicoterapico ad approccio cognitivo-comportamentale, in cui lo psicoterapeuta aiuta la persona ad acquisire gli strumenti per affrontare e gestire la condizione di ansia e di disagio.
Dopo una prima fase psicoeducativa in cui si spiega il meccanismo di funzionamento del panico e si istruisce la persona su che cos’è e come si manifesta l’ansia, si procede intervenendo su tre livelli: comportamentale, cognitivo ed emotivo.
In primo luogo, si interviene eliminando i fattori di mantenimento che mantengono la convinzione che possa ripresentarsi un attacco e soprattutto che la persona non sappia gestirlo e/o difendersi e che inficiano pesantemente sull’autonomia personale. Pertanto si procede eliminando le condotte di evitamento e di protezione, mediante un processo di graduale esposizione, così che la persona si metta nelle condizioni di sperimentare ansia e quindi anche i sintomi critici senza scappare via o cercare protezione. In questo modo, può verificare il fatto che pur provando ansia, non le accade niente di ciò che teme/crede.
Le varie esposizioni costituiscono, quindi, materiale prezioso ed importante per ristrutturare (a livello cognitivo) le convinzioni distorte che hanno portato alla lettura errata e catastrofica dei sintomi. Questa rappresenta la parte più delicata e fondamentale di tutto il percorso terapeutico. Infine si insegnano alla persona tecniche di gestione dell’ansia che prevedono sia strumenti cognitivi (tecnica dell’autodialogo interno, tecnica della distrazione, riconoscimento e auto-correzione degli errori di ragionamento…) che emotivi (respirazione diaframmatica e tecniche di rilassamento, tese alla gestione dei sintomi fisici e all’abbassamento del livello di arousal). Infatti l’obiettivo finale non è eliminare l’ansia, bensì imparare a riconoscerla (così da non confonderla con altro), accettarla (come si accetta di poter essere arrabbiati o tristi) e soprattutto a gestirla, così che l’ansia rimanga entro livelli funzionali e non diventi disfunzionale.
In merito all’opportunità di ricorre anche ad un supporto farmacologico, in virtù della mia esperienza professionale, ritengo che in fase iniziale, se si presenta una condizione acuta, il trattamento integrato possa essere la soluzione elettiva per quanto provvisoria, perché l’obiettivo è potenziare le risorse individuali e acquisire gli strumenti per gestire autonomamente l’ansia.
Ambulatori Dr.Francesca Lemmi: