Meta sceglie le due blogger Francesca Fiore e Sarah Malnerich per portare avanti il progetto educativo "Mammadimeta". Ecco di che si tratta.
Fame Nervosa, ecco le cause dell’abbuffata consolatoria
Capita a molti di trovarsi senza far niente, in preda alla noia e senza quasi rendersene conto, a cercar qualcosa da mangiucchiare in dispensa o in frigo. Altre volte a spingerci verso un cioccolatino piuttosto che un pezzo di focaccia sono la rabbia e il nervosismo, altre ancora la tristezza e lo sconforto oppure la paura e l’ansia. Popolarmente parliamo di “fame nervosa” per riferirsi a quell’atteggiamento che gli specialisti indicano col termine anglosassone di “emotional eating”: la spinta a mangiare e spiluccare in risposta a stati emotivi che procurano condizioni di disagio. In questi casi il cibo assume la funzione consolatoria e/o sedativa dinanzi ad emozioni spiacevoli e/o intense.
Perché si mangia per sedare le emozioni?
I fattori implicati nel determinare questo meccanismo complesso, sono tanti. In primo luogo, sono coinvolti fattori organici. Infatti i centri della fame e della sazietà si trovano nell’ipotalamo (la parte antica del cervello), che ha il compito di integrare le risposte del sistema nervoso autonomo e del sistema endocrino con il comportamento. E proprio l’ipotalamo, e nello specifico l’amigdala, è la sede anche delle emozioni, ovvero della risposta somatica delle emozioni. Infatti quando si provano determinate emozioni che procurano disagio, ciò che viene percepito a livello periferico, sono stimoli cosiddetti “enterocettivi” (mal di stomaco, nausea…) che possono essere confusi con quelli tipici della fame.
Altre volte gli attacchi di “fame nervosa” possono derivare da carenze di serotonina oppure da “sbalzi glicemici”, entrambi causati da un’alimentazione non regolare. Inoltre giocano un ruolo fondamentale i fattori psicologici. Infatti solitamente coloro che tendono a mangiare in risposta alle emozioni, sono persone che hanno appreso nell’infanzia o nell’adolescenza a sedare e gestire le emozioni con il cibo, in assenza di adeguate risposte ai propri bisogni affettivi da parte dell’ambiente. Chiaramente la grande disposizione di cibo presente nelle famiglie dal post-guerra in poi ha contribuito al ricorrere al cibo come “sedativo emotivo”, in quanto sempre e subito disponibile.
Come si manifesta la “fame nervosa”?
Talvolta si manifesta con lo spiluccare qualcosa, mentre altre volte si traduce in vere e proprie abbuffate, per cui non si riesce più gestire e controllare sia ciò che si mangia che la quantità di cibo ingerito.
Le abbuffate possono presentarsi con una smania ingestibile e incontrollabile che induce a mangiare voracemente e subito; mentre altre volte non si verificano delle abbuffate nel senso stretto del termine ma piuttosto la giornata è caratterizzata da un continuo spiluccare tale per cui cumulativamente si arrivano ad ingerire quantità di cibo significativamente superiori alla media e al fabbisogno individuale (“giornate bulimiche”). Le abbuffate possono essere sintomatiche di un disturbo del comportamento alimentare, di cui avremo modo di parlare prossimamente.
Per scoprime in che modo poter gestire la “fame nervosa”, leggi l’approfondimento.
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