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Disturbo da alimentazione incontrollata, prigionieri delle abbuffate
Maria mangia…quando torna a casa e si ritrova da sola, mangia: apre il frigo e la dispensa e ingurgita ciò che trova, in piedi, frettolosamente, in modo automatico e senza neanche rendersi pienamente conto di ciò che mangia e di quanto sta mangiando, come se fosse in uno stato alterato di coscienza. Non mastica neanche, butta giù, mischiando dolce e salato e senza neanche sentire i diversi sapori…in quel momento prevale il bisogno irrefrenabile di riempire…di riempire un vuoto, un senso di solitudine che non riesce a gestire e a tollerare.
Maria conosce questo meccanismo; ne è prigioniera da anni, dal periodo in cui si è separata dal suo ex compagno e in cui ha incominciato ad utilizzare il cibo come un sedativo emotivo, come l’alcolista fa con l’alcool. Nonostante si riprometta ogni volta che è l’ultima abbuffata, che “da domani mi metto in riga”, che “non succederà più”, di fatto poi dinanzi all’incombere di questi sentimenti di tristezza e di vuoto, parte sistematicamente il “pilota automatico”.
Come Maria, sono tante le persone, sia uomini che donne, che ricorrono al cibo per gestire e “tamponare” emozioni intense e/o spiacevoli (emotional eating), spesso perdendo il controllo sul cibo e, quindi, arrivando ad assumere quantità esagerate e senza avere la capacità di gestire e scegliere cosa mangiare. L’impulso è vissuto come irrefrenabile e ingestibile, prevale la sfiducia nelle proprie capacità di controllo e parte la spinta compulsiva a ingerire tutto ciò che è possibile, senza riuscire a percepire il senso del limite e quindi andando oltre la sazietà. Si tratta di un’abbuffata, che se ripetuta, con una frequenza di almeno due episodi alla settimana per un periodo di almeno sei mesi, si struttura in un disturbo alimentare chiamato binge eating o “disturbo da alimentazione incontrollata” (BED). Talune volte questi episodi si presentano durante la notte, per cui si parla di “night eating syndrome”.
A differenza della bulimia, nel BED vengono meno i meccanismi di compensazione, per cui spesso è associato ad una condizione di sovrappeso o di obesità. Chi soffre di questo disturbo, vive con vergogna e disagio questo disturbo, sia per la modalità con cui si manifesta sia per le conseguenze ad esso associate: aumento ponderale, sensazione di malessere psicofisico, senso di impotenza e di frustrazione/fallimento, senso di colpa. Quando particolarmente invasivo, può inficiare anche sul funzionamento lavorativo, affettivo, familiare e sociale, con tendenza alla chiusura e ripiegamento su se stessi, con conseguente rinforzo negativo del disturbo. Tuttavia l’aspetto positivo è che si può guarire!
Per prima cosa, è importante prendere consapevolezza che si tratta di un disturbo, ovvero di una malattia e in quanto tale, necessita di un trattamento specialistico per essere affrontato e superato. Il trattamento elettivo per i disturbi alimentari, quindi anche per il BED, è la psicoterapia cognitivo-comportamentale, integrata con un lavoro di equipe (psichiatra, nutrizionista, internista-endocrinologo), quando si presenta un quadro clinico e metabolico compromesso.
La prossima volta vediamo insieme quali sono gli step che possono condurre ad uscire dal tunnel delle abbuffate.
Ambulatori Dr.Francesca Lemmi:
- Via Nino Pisano n.32, Pisa
- Via della Vetraia n.7, Viareggio (Lu)
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