Come guarire dalla sindrome di Wendy? I consigli per riconoscerla e curarla

di Danila


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Probabilmente non l’avete mai chiamata sindrome di Wendy, ma siamo sicuri che molte di voi ne soffrano senza saperlo. Si tratta di quella tendenza che spesso viene semplicemente definita dagli altri “buonismo” che ci porta a compiacere gli altri e in particolare il proprio partne, e che sfocia spesso in comportamenti poco razionali che a volte ci spingono addirittura a perdere l’autostima. Dunque cerchiamo di capire come guarire dalla sindrome di Wendy, ma soprattutto come riconoscerla.

Come riconoscere la sindrome di Wendy

La sindrome di Wendy si associa molto bene a un’altra sindrome: quella di chi non vuole crescere. Da una parte c’è una persona sfuggente difficile da gestire, dall’altra la crocerossina che tenta in qualsiasi modo di prendersi cura del proprio compagno, cercando di dargli sempre la priorità, mettendo però in secondo piano le proprie necessità. Wendy è una donna dal carattere accomodante che spesso commette l’errore di amare troppo e di non essere ricambiata allo stesso modo. Lei per il suo Peter Pan è disposta a fare di tutto, convincendosi addirittura di essere felice semplicemente nel rendere felice lui, un tipo di comportamento che però, secondo molti psicologi, porta all’autodistruzione. Lei è anche un tipo di donna che tende ad innamorarsi di uomini immaturi che fuggono da responsabilità e impegni.

Come guarire dalla sindrome di Wendy

Per guarire dalla sindrome di Wendy bisogna risalire alle cause che scatenano questo tipo di atteggiamento: le motivazioni possono essere le più disparate e per ogni donna sono quasi sempre diverse. Può trattarsi semplicemente del modo in cui siamo state educate in famiglia, ma anche di un aspetto caratteriale a cui si aggiungono esperienze di vita, delusioni amorose e fatti circostanziali. È un tipo di tendenza che tende a manifestarsi fin dall’adolescenza, seppure in maniera molto lieve.
Come si guarisce dalla sindrome di Wendy? Bisogna prima di tutto riconoscere la “tossicità” di questi amori perché i legami di questo tipo portano all’autodistruzione della persona che vive nella speranza che l’altro prima o poi cambi. È inutile ostinarsi a salvare chi non vuole essere salvato, facendosi carico di tutti i problemi degli altri.

Bisogna poi lavorare sulla propria autostima, lasciandosi aiutare dagli altri ma soprattutto da un terapista che ci insegni a lavorare sulle emozioni e sulle nostre prospettive di vita. Si deve cercare di cambiare il modo con cui ci si approccia alle relazioni, cercando di comprendere che l’amore non è un sentimento a senso unico, anche se chi soffre della sindrome di Wendy è disposto a vivere in questo modo. È un processo lento: non si esce da questi meccanismi in poco tempo! C’è bisogno di tempo, volontà e anche del sostegno e dell’aiuto degli altri; in questi casi è sempre meglio rivolgersi ad un professionista.

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