Bere alcolici può aumentare il rischio di cancro?

di Redazione


Sei su Telegram? Ti piacciono le nostre notizie? Segui il canale di DonnaClick! Iscriviti, cliccando qui!
UNISCITI

Bere alcol, anche con moderazione, aumenta il rischio di cancro? Cos’ha scoperto uno studio che ha utilizzato un metodo innovativo.

Ebbene, l’entità del rischio aggiuntivo dipende dalla genetica e forse da altri fattori ma pare che la diceria che bere un po’ di alcol faccia bene non è proprio corrispondente al vero. Pochi, infatti, metterebbero in dubbio che il consumo eccessivo di alcol faccia male alla salute e questo comprende un aumento del rischio di alcuni tumori.

Tuttavia, a proposito del tema dell’impatto sulla salute del drink occasionale, una teoria alternativa ha proposto un grafico “a forma di U” per determinare i rischi, con i bevitori moderati che ne hanno di meno rispetto a quelli pesanti.

Numerosi studi, nel corso degli anni, hanno generato risultati contrastanti su questa questione anche perché i fattori di confusione sono tanti. Le persone che non bevono spesso differiscono dai bevitori moderati in altri modi che possono impattare sul rischio.

Il dottor Pek Kei Im di Oxford Population Health e i coautori hanno scelto di esaminare un gruppo specifico di non bevitori che potrebbero avere meno fattori di confondimento.

Complessivamente, lo studio ha rivelato che i non bevitori maschi hanno un rischio inferiore del 14% di contrarre il cancro e un rischio ridotto del 31% di tumori specifici che studi precedenti hanno collegato all’alcol, come colon, esofago e fegato.

La maggior parte delle persone che non bevono lo fanno per motivi religiosi o perché loro stessi o qualcuno di vicino hanno lottato con la dipendenza. La loro inclusione negli studi, in particolare le persone che una volta avevano un problema con l’alcol, può interferire con i risultati. Di conseguenza, il team ha esaminato solo un campione di cinesi che hanno un’intolleranza genetica all’alcol.

Infatti, due varianti genetiche (alleli) comuni nell’Asia orientale interferiscono con la produzione di enzimi che disintossicano l’alcol, causando l’accumulo di acetaldeide nel sangue dopo aver bevuto. La maggior parte delle persone con questi geni trova il consumo di alcol meno piacevole rispetto al resto della popolazione e quindi lo fa raramente o per niente. Per i pochi che bevono, comunque, si sospetta che l’acetaldeide, un noto cancerogeno, aumenti il rischio.

Il dott. Im e i coautori hanno cercato gli alleli ALDH2 e ADH1B nel DNA di 150mila persone depositati nella biobanca cinese Kadoorie e li hanno confrontati con le risposte a domande sulle abitudini di consumo di alcol e 11 anni di cartelle cliniche.

Ebbene, solo l’1% degli uomini con un allele del gene ALDH2 ha bevuto regolarmente, rispetto al 46% di quelli con un allele diverso, e i loro tassi di cancro erano corrispondentemente inferiori. Tuttavia, sembra che per coloro che non hanno gli enzimi che distruggono l’alcol, l’acetaldeide aumenti il rischio di cancro rispetto ad altri bevitori. Con così pochi bevitori tra quelli con gli alleli rilevanti, questa osservazione è più provvisoria.

“Questi risultati indicano che l’alcol provoca direttamente diversi tipi di cancro e che questi rischi possono essere ulteriormente aumentati nelle persone con bassa tollerabilità alcolica ereditaria che non possono metabolizzare correttamente l’alcol”, ha spiegato il ricercatore.

Il consumo di alcol è così basso tra le donne cinesi (solo il 2% ha riferito di bere regolarmente), che sebbene costituissero il 60% del campione, l’analisi si è concentrata sugli uomini. Ma hanno scoperto che gli alleli di bassa tollerabilità all’alcol non erano collegati a un aumento del rischio di cancro nelle donne, indicando che il ridotto rischio di cancro negli uomini portatori di queste varianti geniche deriva direttamente dal loro minor consumo di alcol.

Dalla stessa categoria

Lascia un commento

Correlati Categoria

Un importante passo avanti nella lotta contro l’Alzheimer è stato compiuto: anche l’Unione Europea ha dato il via libera a lecanemab, il primo farmaco capace di rallentare la progressione della malattia se somministrato nelle fasi iniziali. Dopo gli Stati Uniti, il Giappone e il Regno Unito, l’UE si unisce ai paesi che riconoscono l’efficacia di […]

×