In un’epoca in cui le immagini di corpi perfetti invadono gli schermi e i social media, e la pressione a conformarsi a determinati standard estetici è sempre più pervasiva, l’anoressia emerge come una risposta distorta e complessa a questa esigenza di perfezione.
Questo disturbo alimentare, infatti, si nutre di modelli realistici e irraggiungibili, innescando una lotta quotidiana per il controllo del peso e dell’immagine corporea.
La rappresentazione che talvolta ne fanno i media contribuisce a distorcere la sua natura. Ma l’anoressia non è uno scherzo: è una patologia grave, che ha un impatto devastante sull’organismo e sulla psiche delle persone che ne soffrono.
L’anoressia, o più precisamente l’anoressia nervosa, è un disturbo alimentare caratterizzato dalla preoccupazione ossessiva riguardo al peso corporeo e alla forma fisica, e dal rifiuto parziale o totale del cibo.
La parola anoressia deriva dal greco, ed è composta dal prefisso privativo an- e dalla parola órexis, (“appetito”), e vuole dire, appunto “mancanza di appetito”.
Più precisamente, l’anoressia, intesa come mancanza di appetito, è il sintomo clinico di diverse condizioni mediche, come ad esempio la gastrite o la febbre. Pertanto, quando si vuole far riferimento al disturbo del comportamento alimentare, è più corretto dire anoressia nervosa.
In questo caso, non si è in presenza di una vera e propria mancanza di appetito, quanto piuttosto del rifiuto di mangiare per paura di prendere peso. Questa paura, che diventa il cardine centrale attorno a cui ruota la vita della persona anoressica, è dovuta a un’alterazione dell’immagine corporea. Il corpo, nell’anoressia, viene percepito in modo distorto: troppo grasso, anche quando si è in una condizione di sottopeso e di magrezza patologica.
Determinare la soglia di peso che consente di individuare l’anoressia non è un compito semplice. Solitamente, il criterio che si adotta è quello di un peso corporeo inferiore al 15% rispetto al peso normale per età e sesso. Oppure si considera l’Indice di Massa Corporea (IMC), che in caso di anoressia è pari o inferiore a 17. La gravità del quadro patologico aumenta man mano che l’IMC diminuisce.
Esistono 2 tipi di anoressia nervosa. È possibile distinguere tra:
L’anoressia colpisce prevalentemente il sesso femminile, sebbene si possa manifestare anche negli uomini. Statisticamente, si stima che circa il 90-95% dei casi di anoressia nervosa interessino donne e ragazze.
Benché possa manifestarsi in ogni fase della vita, il disturbo esordisce soprattutto durante l’adolescenza o nella prima età adulta. Questi periodi, infatti, sono caratterizzati da significativi cambiamenti fisici, emotivi e sociali, amplificati dalle pressioni sociali e culturali relative all’immagine corporea e al peso.
La mancanza di autostima, i cambiamenti ormonali e fisici, uniti allo stress e alle pressioni accademiche, possono avere un impatto negativo sui comportamenti alimentari.
Come avviene per tutti i disturbi del comportamento alimentare, le cause dell’anoressia sono determinate da più fattori, tra cui:
È importante dire che nell’anoressia, il comportamento ossessivo e/o compulsivo riguardo al cibo rappresenta l’unico mezzo per mantenere il controllo e la sicurezza sulla propria vita, che sembra sfuggire di mano. In altre parole, il rapporto con il cibo diventa uno strumento per gestire in qualche modo un ambiente che è spesso percepito come minaccioso o non sicuro.
Per capire se una persona soffre di anoressia, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali propone alcuni criteri clinici, tra cui:
Come accennato nei paragrafi precedenti, un ulteriore criterio è dato dall’indice di massa corporea. Quando inferiore a 17, negli adulti, è considerato notevolmente basso e può essere il segno del disturbo.
L’anoressia si manifesta con sintomi fisici e psicologici. I sintomi fisici sono dovuti alla grave condizione di denutrizione e includono:
I sintomi psicologici, invece, possono comprendere:
Il trattamento dell’anoressia nervosa richiede un approccio multidisciplinare, eventualmente durante un ricovero ospedaliero, e si basa sulla combinazione di tre diverse strategie d’intervento:
La psicoterapia cognitivo-comportamentale mira a modificare la percezione distorta dell’immagine di sé, che dà origine alla sintomatologia. Allo stesso tempo, la terapia nutrizionale, con diverse fasi di riabilitazione alimentare, risulta essenziale per garantire un aumento graduale del peso corporeo.
Il trattamento multidisciplinare, che si avvale di un team di operatori (in particolare psichiatra, psicologo, medico nutrizionista e dietista, oltre al personale infermieristico), deve consentire percorsi personalizzati adeguati alle necessità e alle caratteristiche individuali dei pazienti.