Celiachia: i test e gli esami necessari per arrivare ad una diagnosi

di Claudia Scorza


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Per indagare in profondità il disturbo è importante che il paziente, prima di sottoporsi agli esami specifici, mantenga le proprie abitudini dietetiche, salvo diversa prescrizione medica. Se ad esempio il soggetto smette di assumere alimenti contenenti glutine potrebbe risultare falsamente negativo ai test e quindi apparire sano nonostante la malattia.

Il medico cercherà di evidenziare i sintomi ed i segni clinici tipici della celiachia, che di solito sono di origine gastrointestinale ed includono: diarrea, dispepsia o stipsi, flatulenza e distensione addominale; nei casi più gravi si riscontrano anche sindromi da malassorbimento e malnutrizione, come bassa statura nei bambini, ritardo puberale, calo di peso, anemia, deficit vitaminici e osteoporosi.

Quali sono i testi e gli esami più comuni per la celiachia? Eccone una selezione.

Ricerca di specifici anticorpi

Attraverso l’esame del sangue alla ricerca di specifici anticorpi ed autoanticorpi, come la transglutaminasi anti-tissutale (tTGA), gli anticorpi anti-endomisio (EMA) e gli anticorpi antigliadina (AGA) è possibile scoprire se si è affetti da celiachia.

Se i livelli di questi anticorpi, infatti, appaiono di molto superiori alla norma, il paziente ha una grande possibilità (oltre il 95%) di essere celiaco e per questo deve essere sottoposto ad ulteriori esami di accertamento.

Breath test al sorbitolo

Il Breath test al sorbitolo è un esame importante nella fase di screening della celiachia. Si esegue somministrando al soggetto 5 grammi di sorbitolo e poi andando a misurare ad intervalli regolari la concentrazione di idrogeno nell’aria espirata.

Se questa aumenta vuol dire che il sorbitolo non è stato assorbito nell’intestino tenue ed è stato fermentato dalla flora batterica del colon, con produzione di gas intestinali tra cui l’idrogeno. Un risultato di positività al Breath test al sorbitolo indica quindi un problema di malassorbimento intestinale, disturbo comune non solo tra i soggetti celiaci.

Biopsia duodenale

La biopsia duodenale per la diagnosi di celiachia è l’esame che lascia minor spazio ad errori metodologici e di interpretazione dei risultati. Purtroppo però si tratta di un esame invasivo, eseguito solo sui soggetti positivi ai precedenti test per ottenere la conferma diagnostica della malattia.

L’esame viene effettuato mediante esofagogastroduodenoscopia, attraverso un lungo e sottile tubicino flessibile che viene inserito nella cavità orale e fatto scendere lungo l’esofago fino ad arrivare allo stomaco e al primo tratto dell’intestino. Grazie alla telecamera con fonte luminosa di cui è dotato e al tubicino possono essere fatti scorrere micro-strumenti chirurgici per recedere piccoli campioni di mucosa intestinale da osservare in laboratorio.

L’esame citologico permette di confermare o di escludere con certezza quasi assoluta la celiachia poiché questo tipo di malattia sovverte la normale struttura della mucosa intestinale, con un conseguente appiattimento dei villi.

Esame genetico

L’esame genetico per diagnosticare la celiachia riguarda la determinazione, attraverso un prelievo di sangue, degli aplotipi di predisposizione per la celiachia (HLA-DQ2e DQ8). Si tratta di geni appartenenti al sistema HLA, la cui presenza indica soltanto che quel soggetto presenta una predisposizione allo sviluppo della celiachia. La diagnosi deve essere posta anche valutando il quadro clinico generale, gli altri dati di laboratorio e l’esame istologico del frammento di mucosa intestinale.

Si può dire che il test genetico per la celiachia è importante in senso negativo: il mancato riscontro degli aplotipi HLA-DQ2 e/o DQ8 rende poco probabile (circa per il 95 %) che quell’individuo svilupperà la malattia.

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