Padri separati in rovina

di francesca


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Quello dei padri separati, costretti a vivere in condizioni precarie per mantenere figli e in alcuni casi ex moglie, è un tema troppo a lungo ignorato, ma che sta finalmente conquistando l’attenzione che merita. Lo schermo, piccolo e grande, sta facendo del suo meglio per mettere in luce il problema: la fiction su Rai1 Sarò sempre tuo padre con Beppe Fiorello ed il nuovo film di Carlo Verdone, Posti in piedi in Paradiso, hanno il merito di farci riflettere su quella che è una nuova emergenza sociale.

La nostra attenzione va oggi a valutare le conseguenze estreme cui spesso porta la mancata o la non corretta applicazione della legge 54 del 2006 sull’affidamento condiviso; una legge dai molti pregi, che in teoria attutisce la discriminazione della figura paterna rispetto a quella materna nella cura dei figli nei casi di separazione. Nella pratica, tuttavia, spesso questa legge si riduce ad una mera enunciazione di principi che nella maggior parte dei casi vengono disattesi.

Una famiglia che si separa sicuramente si impoverisce, anche in barba al principio legislativo secondo il quale il coniuge più debole dovrebbe ricevere un assegno che gli permetta di mantenere lo status quo ante, cioè le condizioni di vita di cui ha goduto durante il matrimonio.

Evidentemente tale norma non aveva fatto i conti con la vita reale: infatti come è possibile mantenere lo stesso tenore di vita avendo circa il doppio delle spese, visto che un membro della famiglia è costretto ad allontanarsi, e quindi a pagare quanto necessita in un’altra abitazione?

Naturalmente, se i due genitori sono ragionevoli, faranno di tutto per venirsi reciprocamente incontro, mettendo in primo piano il supremo interesse dei loro figli. Ma purtroppo quella appena descritta non è la regola: i conflitti fra due genitori separati troppo spesso fanno perdere di vista l’obiettivo del benessere dei figli.

Se un padre, magari unico lavoratore esterno alla famiglia, cessa o ritarda il versamento dell’assegno di mantenimento per moglie e figli, crea un danno enorme, modificando il tenore di vita della famiglia ed ingenerando in essa un gran senso di insicurezza e precarietà. Purtroppo, nella mia esperienza professionale, mi è capitato di incontrare donne che dovevano letteralmente “inseguire” ex mariti (ma non ancora “ex padri”) che non versano gli assegni dovuti, adducendo futili motivazioni.

Molte altre volte capita invece di imbattersi in padri che fanno di tutto per far mantenere ai figli un tenore di vita adeguato, e soprattutto per perpetuare con ogni sforzo il proprio legame con loro; fanno il doppio lavoro se lo stipendio non basta, anche con turni straordinari, e riducono al minimo le proprie esigenze.

Assistiamo anche a situazioni limite di padri che, non avendo affatto desiderato la separazione, sono comunque costretti a lasciare l’abitazione coniugale e magari a continuare a pagare il mutuo; aggiungendo a questa spesa quella degli alimenti, possono contare a fine mese su somme davvero ridottissime, ai limiti della sopravvivenza. Proprio per sopperire alle necessità dei padri che, a causa della separazione, diventano indigenti, molti comuni stanno mettendo a disposizione delle case di accoglienza dove possono rifugiarsi.

Numerosi sono i casi che sono finiti in cronaca: una per tutte, la protesta del maresciallo Fabrizio Adornato che da giorni staziona di fronte al Quirinale.

Ci sono numerosi disegni di legge di modifica della legge 54 del 2006; è però assolutamente necessario che vengano studiate delle forme di perequazione economica all’interno delle famiglie separate, con norme che puniscano più severamente chi trasgredisce ai propri obblighi, per restituire pari dignità ai membri di quelle famiglie nelle quali il senso della dignità si è perso del tutto.

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