Coppie gay in Italia: quali diritti?

di francesca


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Il matrimonio, celebrato di recente a Francoforte, della parlamentare italiana Paola Concia con la sua compagna Ricarda Trautmann ha incentivato il dibattito (già molto caldo) sui matrimoni gay in Italia.

L’argomento era balzato al centro dell’attenzione mediatica anche nel maggio scorso, quando si era parlato di un doppio matrimonio gay celebrato in Italia, a Cormano, addirittura con rito religioso; in realtà si trattava della “benedizione” di due unioni omosessuali a cura della Presbitera Maria Vittoria Longhitano della Chiesa Vetero Cattolica di Utrecht. Ma questa benedizione, come ha chiarito il portavoce di tale Chiesa, non ha le caratteristiche di un matrimonio e non ha alcun riconoscimento giuridico nell’ordinamento italiano.

Negli ultimi decenni, sono molti i Paesi che si sono dotati di leggi che disciplinano le unioni di fatto e i matrimoni tra cittadini dello stesso sesso.

In Italia non esiste, per ora, alcuna normativa che riconosca alle unioni di fatto, eterosessuali o omosessuali che siano, dei diritti precisi. 

In pratica, le unioni omosessuali per lo Stato italiano sono inesistenti. Il che significa, ad esempio, che se due cittadini dello stesso sesso hanno convissuto per molti anni, scambiandosi reciproco amore ed assistenza, in caso di separazione il più debole non ha diritto ad alcuna solidarietà economica da parte dell’altro, e, in caso di morte, non è riconosciuto l’accesso alla pensione di reversibilità e l’eredità è accessibile solo per testamento, considerando comunque le quote che per legge spettano agli eredi legittimi. 

I legislatori che si sono succeduti fin dal 1986 hanno presentato varie proposte di legge, dai PACS alla francese ai DICO, ma nessuna è stata mai approvata.Nel 2010 la Corte Costituzionale ha suggerito all’Italia di guardare ai modelli di altri Paesi europei per elaborare uno strumento che rimuova la discriminazione giuridica che subiscono i cittadini gay; per cancellare tale discriminazione non c’è solo il matrimonio, ma potrebbe essere presa in considerazione anche l’ipotesi dell’unione civile. 

In attesa di una legge che regoli la materia, in che modo possono oggi i cittadini gay proteggere il loro partner?

Si può, ad esempio, creare un contratto che determini una certa somma da versare mensilmente dal partner economicamente più forte a quello economicamente più debole; un eventuale contratto di locazione della propria abitazione si dovrà cointestare, non essendo riconosciuto dalla legge il diritto per il partner di succedere nel contratto.

Così come, se il partner lavora nell’impresa di proprietà dell’altro, non avendo il diritto di richiedere la partecipazione agli utili in proporzione all’apporto fornito (come può fare invece un coniuge), sarà necessario che possegga delle quote societarie o delle azioni.

È controverso il tema relativo alle eventuali decisioni sulla salute del partner che non è in grado di intendere o di volere: è quindi bene lasciare scritto a chi si vorrebbe conferire il diritto di prendere decisioni che riguardano la propria salute.

Per sopperire al mancato accesso alla pensione di reversibilità oppure alla cassa mutua del partner, si può stipulare un’assicurazione privata, sia a tutela della salute, sia sulla vita, indicando il partner quale beneficiario.

E per prevenire il rischio che, in seguito al decesso di uno dei due partner, all’altro non spetti nulla, si può confezionare un testamento designando il proprio compagno o la propria compagna quale erede universale (o, se in concorso con gli eredi legittimi, quale erede beneficiario della quota di disponibilità).

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