Oggi affronteremo un tema relativamente nuovo che fa discutere ancora molto lasciando ampie perplessità sui diritti o non diritti delle donne. La Cassazione, di recente, ha cambiato le regole sull’assegno di divorzio: in poche parole il divario di stipendi tra coniugi non conta più. Questo significa che si può avere una situazione in cui il marito, titolare di un reddito particolarmente elevato, non debba più pagare un euro alla ex moglie che ha di che tirare avanti.
Perchè dico che il tema è relativamente nuovo? Perché alcuni Tribunali seguivano già le indicazioni della Cassazione nel sentenziare che per avere diritto all’assegno di mantenimento la ex moglie (solitamente considerata il “coniuge finanziariamente più debole”) non bastava essere disoccupata, per avere diritto all’assegno di divorzio. Se la donna era in grado di lavorare e se addirittura ha esperienza e abilità in un lavoro, l’ex coniuge non deve essere mantenuta. È questo il nucleo ad esempio della sentenza emessa dal Tribunale Civile di Modena nella quale per la prima volta a Modena (e probabilmente in Italia) viene estesa l’applicazione della nuova “lettura” delle disposizioni introdotte l’estate scorsa dalla Corte di Cassazione sulla cessazione dell’obbligo di mantenimento dell’ex coniuge finanziariamente “debole”.
Gli effetti di questa sentenza vanno infatti oltre a quelli recentissimi decisi per Veronica Lario e Silvio Berlusconi che prevedono la restituzione di denaro e beni. Se per una coppia modenese separata che non dà più per scontato l’assegno divorzile alla “parte debole”, questa volta a Modena i giudici arrivano alla conclusione che la modenese separata che per sette anni aveva goduto di un ingente assegno non ha in realtà diritto, applicando la decisione della Cassazione Civile.
Finita questa breve introduzione torniamo al nostro tema di oggi. Non è più il divario tra i redditi dei coniugi al momento del divorzio che può giustificare il mantenimento, ma la mancanza dell’indipendenza o autosufficienza economica del coniuge che richiede il contributo mensile. Dunque solo il coniuge non autosufficiente dal punto di vista economico ha diritto agli alimenti dall’ex, sempre che la sua incapacità non dipenda da inerzia volontaria.
La Corte di Cassazione continua a fare applicazione del principio stabilito dalla sentenza 11504/2017 nella quale la Cassazione dice addio al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio come parametro per il riconoscimento dell’assegno divorzile. Quindi, per calcolare l’assegno di mantenimento, il giudice non deve più verificare il tenore di vita goduto dalla coppia quando ancora era unita, circostanza che un tempo portava a dividere spesso per due la somma dei redditi dei coniugi. Così, per esempio, se lui guadagna 10mila euro al mese e lei solo mille, non spetta più alcun assegno di divorzio.
Secondo tale rinnovata interpretazione, il giudice deve svolgere un giudizio distinto in due fasi: nella prima, quella dell’an debeatur, deve verificare se la domanda del coniuge richiedente soddisfa le relative condizioni di legge (ossia la mancanza di mezzi adeguati o, comunque, l’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive).
E’ nella seconda che ciò non avviene con riguardo al “tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio“, ma si riferisce all’indipendenza o autosufficienza economica dell’ex desunta da una serie di principali “fattori” quali:
– il possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari
– la capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all’età, al sesso e al mercato del lavoro dipendente o autonomo)
-la stabile disponibilità di una casa di abitazione.
In questa chiave di lettura potrebbe apparire anche corretta la nuova interpretazione della Cassazione se non andassimo a vedere il quantum. È evidente quanto le cose oggi siano cambiate con il superamento del criterio del tenore di vita vi è che una recente sentenza ha infatti negato alla moglie il diritto all’assegno di mantenimento visto che poteva contare su uno stipendio di 1000 euro al mese: è questa dunque la soglia di reddito minima oltre la quale i giudici presumono l’autosufficienza economica?
L’”indipendenza economica” che fa venir meno il diritto all’assegno divorzile è «la capacità per una determinata persona, adulta e sana, di provvedere al proprio sostentamento, inteso come capacità di avere risorse per le spese essenziali (vitto, alloggio, esercizio dei diritti fondamentali)». E un primo parametro il giudice lo può ricavare dagli introiti del coniuge più debole: sopra mille euro al mese il diritto può essere negato.