Un numero crescente di bambini riceve da insegnanti ed altro personale non medico né psicologico la prima diagnosi di DSA (disturbo specifico dell’apprendimento), ADHD, autismo, ritardo dello sviluppo, deficiente socializzazione con i compagni, freddezza affettiva nei confronti della madre e diverse altre diagnosi che sembrano diventate di moda.
Alcuni insegnanti, anche di scuole pubbliche, insinuano il dubbio nei genitori, che si angosciano o si disperano, e li spingono a domandare certificazioni di DSA anche col fine di avere facilitazioni scolastiche.
Altre volte si tratta di asili privati che spingono affinché i bambini siano seguiti da motricisti o logopedisti scelti dallo stesso personale degli Asili.
Che fare?
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Una cosa semplice: parliamo tra operatori della scuola e della sanità con i genitori, ma evitiamo screening o proposte di assistenza o di diagnosi autoreferenziate.
Da decenni molti operatori stanno cercando di diffondere la cultura della dislessia (la più nota) e dei Disturbi specifici dell’apprendimento, ma la materia e la competenza dello screening pare essere più che mai ingarbugliata soprattutto a causa dell’art.3, legge n. 170/2010 che dice che:
“E’ compito delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell’infanzia, attivare, previa apposita comunicazione alle famiglie interessate, interventi tempestivi, idonei ad individuare i casi sospetti di DSA degli studenti, sulla base dei protocolli regionali di cui all’articolo 7, comma 1. L’esito di tali attività non costituisce, comunque, una diagnosi di DSA“.
Risultato?
Sono sempre di più i soggetti che si improvvisano esperti in materia.
In realtà, poi, a ben guardare, questa legge dice anche che la diagnosi di dislessia e altri disturbi dell’apprendimento sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale, Specialisti e Strutture accreditate; che non è possibile farla prima della fine del 2° anno della scuola primaria; che si può fare un’ipotesi diagnostica alla fine del 1°anno (se presenti fattori di rischio).
Ma la situazione sembra sfuggire di mano ai genitori che sono sempre più sensibili al tema e vogliono premunirsi quanto prima per poter accedere ad eventuali “aiuti” per i loro figli.
Attenzione però a non esagerare con la medicalizzazione e il “fai da te” in questo campo: rivolgetevi al vostro pediatra prima di prendere per oro colato ciò che dice il personale non qualificato nel diagnosticare tali disturbi specifici.
Consiglio: parlate con il vostro pediatra prima di far fare degli screening. Sono in atto confronti e collaborazioni tra pediatri, neuropsichiatri , pedagogisti e logopedisti per operare al meglio ed evitare sia di non diagnosticare bambini con problemi effettivi sia di eccedere con eccesso di diagnosi.