Anche in questi casi però, il reflusso può essere fastidioso o addirittura doloroso per il neonato. Vediamo meglio di cosa si tratta.
Cos’è il reflusso gastroesofageo
Si tratta della risalita di materiale acido dallo stomaco. Si manifesta di solito entro le prime sei settimane di vita e, nella gran parte dei casi, si risolve entro i 18-24 mesi ma, di solito, i sintomi si riducono già a partire dall’ottavo mese.
È dovuto all’immaturità di esofago e cardias (la valvola che separa l’esofago dallo stomaco): l’esofago è molto corto e la valvola non è completamente sviluppata.
Quali sono i sintomi del reflusso nei neonati
Il sintomo tipico del reflusso è il rigurgito, ovvero la risalita del materiale acido dallo stomaco nell’esofago e in bocca. Spesso, ma non sempre, c’è fuoriuscita di cibo e saliva dalla bocca. Il rigurgito avviene senza sforzo e questo lo distingue dal vomito.
Talvolta è presente anche il vomito, a causa del fatto che il materiale in risalita dallo stomaco stimola i centri del vomito nell’esofago.
Altri possibili sintomi esofagei sono singhiozzo, emissione di sangue con il vomito, arresto della crescita, rifiuto del cibo o pianti al momento della poppata, anemia.
Sono possibili, benché più rari, anche sintomi respiratori come tosse notturna, asma, frequenti otiti e laringiti, broncopolmonite, laringospasmo, mancanza di respiro, raucedine.
Infine, esistono sintomi comportamentali, potenzialmente utili per rivelare il reflusso in una fase non ancora patologica ma, spesso, trascurati dai pediatri: irritabilità, risvegli con pianto, inarcamento del tronco, rotazione del capo, movimenti involontari con contrazioni e spasmi, sollievo momentaneo con la somministrazione di liquidi.
Il reflusso si cura?
La cura del reflusso dipende dalle caratteristiche e da quanto influisce sulla salute e sul benessere generale del bambino.
Nei neonati si distingue:
Regole dietetiche e comportamentali
Nei casi più lievi di reflusso nei neonati, alcuni semplici rimedi sono sufficienti a ridurre i sintomi.
Posizione nel sonno
Si consiglia di mettere i bambini a dormire sulla schiena, su di un materasso situato su un piano inclinato di 25-30°. L’effetto della gravità impedisce ai liquidi presenti nello stomaco di risalire.
Durante le poppate
Per le poppate al seno, è consigliata la posizione “a cavalcioni” con il bimbo tenuto in verticale davanti al seno, oppure le posizioni in cui è completamente orizzontale (anche se può sembrare un controsenso, visto quanto detto sopra): la posizione “a rugby”, tenendo il bambino lateralmente al seno come, appunto, un pallone da rugby, oppure allattare da sdraiate.
Se si allatta da sdraiate non si dovrebbe, poi, sollevare il bambino, mentre negli altri casi il neonato andrebbe tenuto in verticale, o comunque molto inclinato, anche per 30 minuti o più.
È utile, inoltre, prestare attenzione al fatto che il bambino svuoti almeno un seno ad ogni poppata: Alternare i seni (uno ad ogni poppata) oppure iniziare sempre la poppata successiva dall’ultimo seno utilizzato nella precedente. Questo è importante poiché il latte cambia durante la poppata, divenendo più grasso e denso alla fine della stessa. Il latte più denso, ovviamente, ha minore facilità a risalire. Se il seno è molto pieno, può essere utile svuotarlo parzialmente prima dell’inizio della poppata.
Se allattati con il biberon
In questo caso esistono appositi “latti ispessiti” a cui sono stati aggiunti ingredienti addensanti (come farina di riso, farina di carrube, amido di mais).
Bisogna cercare di evitare che il bambino ingerisca aria e tenerlo sollevato dopo il pasto.
Altri accorgimenti
Evitare il ciuccio e le bevande non necessarie, soprattutto se zuccherate. L’acqua andrebbe somministrata pochi cucchiaini per volta.
Evitare il balla balla e giochi simili: il movimento dal basso verso l’alto favorisce la risalita dei liquidi.
Una volta iniziato lo svezzamento, considerate che più la pappa è densa e meno facilmente risalirà.
I farmaci per la cura del reflusso gastroesofageo
L’intervento chirurgico
Anche nei casi più gravi,l’utilizzo dei farmaci abbinato al rispetto delle regole dietetiche e comportamentali è quasi sempre sufficiente. Solo in casi molto rari è necessario ricorrere all’intervento chirurgico.
Foto da
wellsphere.com
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