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Embrioni distrutti: dubbi e polemiche
È dei giorni scorsi la terribile notizia degli embrioni scongelati e andati distrutti presso il Centro di Procreazione Assistita dell’ospedale San Filippo Neri di Roma. L’azienda ospedaliera stessa ha reso noto che è la società Air Liquide a gestire la conservazione degli embrioni: la stessa società, che gestisce la gran parte degli impianti di conservazione europei, ha spiegato che l’incidente dei giorni scorsi è dipeso da una imprevista fuoriuscita di molti litri di azoto a causa del guasto di una valvola.
Oltre alla Procura di Roma, che ha già avviato le indagini, il Ministero della Salute si sta occupando del caso, avendo disposto l’invio dei propri ispettori e anche la Regione Lazio ha commissionato una relazione ad un gruppo di cinque esperti.
Prima di analizzare le conseguenze giuridiche di questa controversa vicenda, facciamo un passo indietro per ricordare i dubbi di natura bioetica che le pratiche di fecondazione assistita hanno già da tempo sollevato.
La vecchia legge del 2004 stabiliva che con la fecondazione in vitro potessero prodursi, per ogni coppia, al massimo tre embrioni da impiantare contemporaneamente. Ma una nota sentenza della Corte Costituzionale del 2009 ha poi dichiarato incostituzionale tale limitazione, dando il via alla conservazione degli embrioni attraverso la tecnica della crioconservazione.
Oggi in Italia esistono circa 350 centri di procreazione medicalmente assistita, dove vengono conservati gli embrioni congelati: tale conservazione rappresenta per la coppia una ulteriore possibilità di successo, nel caso in cui il primo embrione impiantato non dovesse attecchire. In alcuni casi, conservare due dei tre embrioni significa anche poter ottenere, a distanza di tempo, una seconda gravidanza senza ripetere nuovamente tutto l’invasivo procedimento.
Si stima che tra le migliaia di embrioni crioconservati (circa 100.000) ce ne siano circa 3.500 abbandonati: secondo la normativa non possono essere distrutti, né “adottati”, né tantomeno destinati alla ricerca.
La notizia del guasto tecnico al San Filippo Neri ha riportato alla ribalta proprio questo dilemma bioetico: quale dovrebbe essere il destino degli embrioni congelati che nessuno reclama più? Ma soprattutto, la distruzione di quei 94 embrioni ci pone davanti al problema di tutte quelle persone che di alcuni embrioni si consideravano già, sia pur in nuce, genitori: il futuro di tutti loro dipende, almeno in prima battuta, dalla sicurezza dei sistemi di conservazione.
A questo punto è naturale interrogarsi a proposito delle responsabilità giuridiche di questa vicenda, sia sotto il profilo penale che civile.
Quanto al primo, è vero che la Procura di Roma sta ancora indagando (ma per ora nessun avviso di garanzia è stato emesso) ma, se non si potrà riscontrare la violazione di norme specifiche, difficilmente, a mio parere, si potranno individuare responsabilità penali, anche se alcune associazioni di consumatori hanno già paventato l’ipotesi di denunciare i responsabili per omicidio colposo.
Sotto il profilo civilistico, ossia quello del risarcimento dei danni, credo che la valutazione sarà fatta per ogni singolo caso, in relazione al reale danno (anche morale) subito da ciascuno: diverso sarà il caso di coloro che avranno perso per sempre la possibilità di procreare, dal caso di coloro che potranno ancora accedere alle tecniche di procreazione assistita, sia pur con l’estremo disagio che comunque andrà risarcito.
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