“Dislessia e computer“, finalmente un binomio fortunato? Sì. Ma dipende da come si usa e si introduce il computer e quindi la tecnologia nella vita dei bambini dislessici.
Ne abbiamo parlato con gli esperti in materia: la Dott.ssa Giulia Lampugnani, Pedagogista, e con il Dott. Davide Ferrazzi, Specialista in disturbi specifici dell’apprendimento, fondatori e responsabili di Talenti fra le nuvole Onlus.
Vediamo.
E’ corretto usare strumenti compensativi in classe?
Non ci piace molto parlare di strumenti compensativi, che danno sempre l’idea di compensare una “mancanza” del singolo ragazzo. Preferiamo parlare di mediatori didattici, ossia di tutti quegli strumenti utili per accompagnare tutti i ragazzi a superare le difficoltà che si incontrano in un percorso di apprendimento. Per i ragazzi con Dislessia (DSA), in particolare, alcuni mediatori hanno una specificità aggiuntiva rispetto ad alcune loro difficoltà e possono aiutarli nella decodifica e transcodifica del testo.
Tuttavia, è bene considerare che gli strumenti, da soli, non permettono un percorso di apprendimento; quest’ultimo, infatti, deve essere pensato e costruito dall’insegnante, e deve comprendere mediatori didattici che accompagnino sia nel momento dell’apprendimento, sia nel momento in cui vengono verificate, valutate e valorizzate le conoscenze, ma soprattutto le competenze trasversali acquisite. L’uso dei così detti strumenti compensativi, cioè, facilita il ragazzo nella forma, ma non nel contenuto.
Infatti, la fatica e gli errori della scrittura manuale, potrebbero addirittura distrarre il bambino dislessico dal contenuto, così come, l’avere difficoltà nel recupero di un nome gli renderebbe difficile fare un ragionamento storico mentre è concentrato nel recupero delle informazioni dalla memoria. Avere a disposizione formulari o parole chiave, più precisamente, non fornisce al ragazzo la soluzione, ma solo i mezzi per accedere alle conoscenze depositate in memoria, grazie alle quali, con il ragionamento su cui a questo punto può agevolmente concentrarsi, egli può svolgere il compito.
Perché talvolta bambini e ragazzi con DSA rifiutano di usare i mediatori didattici?
Spesso capita che il ragazzo con DSA rifiuti di usare computer e calcolatrice.
Se il bambino dislessico è l’unico in classe ad utilizzare il computer, ad esempio, nel momento della valutazione ma anche nel momento dell’apprendimento, è normale, anzi “sano”, che lo rifiuti. Questo perché sperimenta una diversità di trattamento, rispetto agli altri, che può riflettersi negativamente sulla percezione delle proprie capacità individuali. Inoltre per utilizzare il computer in maniera proficua nei confronti della dislessia, bisogna essere allenati in quanto, scrivere troppo lentamente al computer, consultare un formulario mai utilizzato o esporre su uno schema non essendo preparati a farlo, sono azioni che rischiano di essere controproducenti.
Anche i compagni possono manifestare perplessità, invidia, senso di ingiustizia per il trattamento riservato al compagno che usa il computer.
Per questo motivo gli strumenti compensativi come il computer nella dislessia devono essere introdotti dopo averne condiviso in classe l’utilità, dopo aver spiegato alla classe cosa sono le “specifiche caratteristiche di apprendimento” di alcuni compagni, i quali, per imparare in egual modo degli altri, necessitano di velocizzare alcune funzioni su cui sono in difficoltà, come leggere e scrivere. Questo perché, se la classe è coinvolta in maniera collaborativa, i compagni possono essere il primo e miglior “strumento compensativo” per il compagno dislessico.
Mappe, schemi o sintesi sono utili?
Tutto dipende da come vengono costruiti: l’insegnante potrebbe aver iniziato a costruire uno schema di sintesi a scuola, coinvolgendo tutta la classe, fornendo una traccia elaborata in maniera collaborativa coi ragazzi, magari sulla LIM in digitale, in modo che a casa possano completarla, integrarla con lo studio del libro, rielaborarla e personalizzarla. La mappa deve poi essere verificata dall’insegnante sia per supportare il ragazzo in eventuali difficoltà di comprensione o di gerarchizzazione delle informazioni, sia per decidere insieme quali informazioni possano essere rappresentate. Si può suggerire che la mappa usata in classe sia più sintetica di quella usata per studiare, su cui ci sono invece più informazioni o anche brevi riassunti.
Le domande della verifica, poi, non chiederanno informazioni direttamente reperibili sulla mappa, ma tali da essere riferite ad esse riferite per ragionare e fare collegamenti in un contesto più ampio. Questa è la competenza da richiedere e sviluppare per un apprendimento significativo, e non puramente mnemonico.
Gli strumenti compensativi possono non bastare?
Gli strumenti compensativi, e dunque il computer nell’intervento educativo sulla dislessia dei bambini, non sono tutto, anzi. È solo con una didattica attenta a motivare il ragazzo che quest’ultimo può imparare.
Serve piuttosto una didattica che valorizzi le potenzialità dello studente e che costruisca competenze a scuola, senza richiedere la pura e semplice memorizzazione di contenuti.
Inoltre una relazione di fiducia e collaborazione tra insegnanti, ragazzo, genitori e operatori può consentire di capire progressivamente cosa non funzioni nella didattica e quindi apportare le modifiche che servono per migliorare.
L’insegnamento non è un percorso “facile” e predeterminato per nessuno, è un continuo processo di ricerca di modalità per accompagnare il ragazzo nel difficile compito di apprendere, diverso per ciascuno.
Dott.ssa Giulia Lampugnani – Pedagogista
Dott. Davide Ferrazzi – Specialista in disturbi specifici dell’apprendimento
Fondatori e responsabili di Talenti fra le Nuvole Onlus
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