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Come e quando togliere il ciuccio?
In questa fase il bambino cerca di prolungare e riprodurre il piacere derivante dal succhiare il capezzolo della madre, o la tettarella del biberon, anche quando è sazio. Inoltre il suo mezzo di esplorazione del mondo esterno è la bocca.
Il ciuccio diventa, quindi, un modo per consolarsi e rassicurarsi in assenza di contatto fisico con la madre e può assumere il significato di oggetto transizionale, tramite il quale il bambino acquisisce la propria indipendenza dalla figura materna.
È per questo che, mentre i dentisti mettono in evidenza i possibili danni a denti e palato, raccomandando di togliere presto il ciuccio ai bambini, i neuropsichiatri infantili spesso non sono dello stesso avviso e, comunque, consigliano di farlo in modo graduale.
Ecco qualche consiglio utile per togliere il ciuccio in modo efficace ma indolore, ma anche per farne un uso consapevole.
Ciuccio solo se necessario
Passate le prime settimane, per non interferire con l’allattamento e il meccanismo della suzione, il ciuccio può essere molto utile ai genitori per calmare i pianti, per far riaddormentare in fretta il bambino di notte, per tenerlo calmo in varie occasioni, per limitare il tempo in cui sta attaccato al seno al minimo indispensabile per nutrirsi, eccetera.
Inoltre pare che l’uso del ciuccio (come l’abitudine di succhiarsi il dito) aiuti a prevenire la SIDS. A questo proposito è importante ricordare, comunque, che l’allattamento al seno a richiesta e il contatto con la madre hanno effetti benefici anche maggiori.
Starà ai genitori valutare se, nel loro caso, il beneficio derivante dall’uso del ciuccio valga l’affrontare, in futuro, eventuali difficoltà per toglierlo.Considerate che l’uso del ciuccio è preferibile a quello del dito, che esercita una pressione maggiore su denti e palato e che è obiettivamente più difficile da interrompere.
Se il bambino è relativamente tranquillo e gestibile anche senza ciuccio, comunque, sarebbe meglio evitarlo. Del resto, accade anche che i bambini stessi non lo accettino.
Limitarne l’uso
Se deciderete di introdurre il ciuccio, scegliete un modello anatomico, schiacciato e ricurvo verso l’alto, e cercate di non abituare il bambino a tenerlo in bocca sempre: gli eventuali danni al palato e ai denti dipendono, oltre che dalle predisposizione individuale e dalla durata nel tempo dell’uso del ciuccio, dalla frequenza con cui vi si fa ricorso.
Limitando l’uso ai momenti di stress, di allontanamento della madre, di addormentamento, il bambino non dovrebbe attaccarsi eccessivamente al ciuccio e, di conseguenza, anche abbandonarlo dovrebbe per lui essere più semplice.
Quando togliere il ciuccio
In genere si parla di un’età compresa fra i due e i quattro anni. Il tutto è soggettivo: nel caso dei bambini poco ciuccio-dipendenti, potrebbe essere più semplice togliere il ciuccio ancor prima dei due anni. Al contrario, esistono bambini molto legati al ciuccio, soprattutto se esso assume valore di oggetto transizionale, che potrebbero non essere pronti a lasciarlo prima dei quattro anni, e potrebbe essere necessario attendere ancora un po’ affinché il distacco sia indolore.
Mia figlia, ad esempio, molto ciuccio-dipendente da piccola, prima dei quattro anni aveva iniziato a fare un uso sporadico del ciuccio e sembrava quasi pronta a abbandonarlo. A seguito di un ricovero ospedaliero, vi si riattaccò fortemente e poiché dopo pochi mesi nacque il fratellino, glielo lasciammo (vigilando che non esagerasse), finché il giorno del suo quinto compleanno decise da sola di chiuderlo in una scatolina e non lo chiese più.
Se il pediatra o il pedodontista non ravvisano motivi urgenti per togliere il ciuccio, starà dunque ai genitori valutare il momento adatto, quando ritengono che il bambino sia pronto.
Si raccomanda, comunque, di evitare momenti di cambiamento e di stress come la nascita di un fratellino o l’inizio del nido o della scuola dell’infanzia, mentre un’occasione positiva, come un viaggio, una vacanza, un compleanno, il Natale, potrebbero essere momenti propizi.
Come togliere il ciuccio
Via il dente, via il dolore
Se il bambino è sufficientemente pronto, e l’uso del ciuccio è limitato a alcuni momenti della giornata, la sparizione del ciuccio potrebbe anche essere repentina.
Molti genitori sfruttano una perdita accidentale, o la fingono, altri inventano storie fantasiose per spiegare l’accaduto, più adatte nel caso di bambini ancora piccoli (che non sappiano, ad esempio, chi i ciucci si possono ricomprare, altrimenti si sentiranno presi in giro, oltre che privati del ciuccio!). Ad esempio, potrebbe portarlo via Babbo Natale lasciando in cambio i regali, o una fatina che “ritira” i ciucci dei bimbi grandi per portarli ai più piccolini, e in cambio lascia una sorpresa.
C’è chi raccomanda di non tornare mai indietro, una volta presa una decisione. Io credo che, come in tutte le cose, sia necessario agire con buon senso: se la perdita del ciuccio crea molta angoscia al bambino, evidentemente c’è stato un errore di valutazione da parte dei genitori. Basterà inventare una storiella per farglielo ritrovare (tipo “a Babbo Natale/a quel bambino piccolo l’aveva già regalato un altro bimbo, questo puoi tenerlo tu finché non servirà a qualche altro piccolino”) e non si comprometterà nulla. Basterà avere alcune accortezze, come aspettare che smetta di piangere perché non pensi che questo abbia influito sul “ritorno” del ciuccio, e mostrarsi stupiti (perché non capisca che la cosa dipende da voi), rimandando il tutto a un momento più favorevole.
Con gradualità
Se il bambino usa il ciuccio in vari momenti della giornata, toglierlo all’improvviso potrebbe essere troppo traumatico. Meglio iniziare a limitarlo, fornendo delle spiegazioni al bambino e riponendo insieme a lui il ciuccio (magari in una scatolina scelta appositamente), per riprenderlo solo la sera e nei momenti in cui il bimbo necessita di riposarsi o rilassarsi.
Un’altra possibilità, se ritenete che il bimbo sia troppo piccolo o caparbio per accettare di buon grado, è di inventare una storiella per cui il ciuccio viene portato via la mattina da un personaggio di fantasia (una fatina, un topino, un gazza ladra o ciò che vi suggerisce la fantasia), e riportato la sera, o per il riposino del pomeriggio. Potrà allora verificarsi qualche contrattempo, per cui non sempre il ciuccio viene restituito (per testare le reazioni del bambino senza ciuccio, ma senza prospettargli una scomparsa definitiva).
Cresco da solo!
Essendo il ciuccio un oggetto importante per il bambino (poiché può assumere, come già detto, il significato di oggetto transizionale, che rassicura il bambino e lo aiuta a acquisire gradualmente la propria indipendenza), in teoria sarebbe auspicabile che il bambino stesso valuti il momento in cui ritiene di essere pronto a farne a meno.
In assenza di problemi urgenti dovuti all’uso del ciuccio, i genitori potrebbero dunque limitarsi a vigilare, cercando di limitare il ricorso al ciuccio con incoraggiamenti e premi, e distraendo il bambino con coccole e giochi quando sembra desiderare il ciuccio per noia, ma senza colpevolizzarlo né pressarlo troppo perché smetta di usarlo.
Sarà sufficiente dirgli che prima o poi potrà farne a meno, che allora potrà farne quello che vorrà (chiuderlo in una scatolina speciale, regalarlo a un bambino piccolo, gettarlo nel mare per i pesciolini eccetera) e riceverà un bel regalo.
Scegliendo quest’ultima opzione, l’uso del ciuccio può protrarsi oltre il limite considerato accettabile da molti genitori, e il ciuccio potrebbe essere, giustamente o ingiustamente, accusato di eventuali difetti di pronuncia e/o di chiusura della bocca, ai denti o al palato.
Tutte cose, del resto, risolvibili e non sempre correlate al ciuccio: mia figlia, ad esempio, dovrà probabilmente mettere l’apparecchio per un problema di morso inverso attribuito prontamente, dal dentista, all’uso del ciuccio, ma che mia madre ha identico e che quindi è, molto probabilmente, congenito.
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