Chi sono i nuovi padri? Amici o nuove autorità? Bravi o cattivi? Ce lo dice uno studio sulla paternità in Italia

di cinziaR


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Partendo dall’articolo del presidente dell’Istituto degli studi sulla paternità Maurizio Quilici, parliamo di un tema ancora tendenzialmente tabù: la paternità.

Come sono e come dovrebbero essere davvero padri di oggi? Perchè la Caritas li ha definiti i “nuovi poveri” quando si separano? Che cosa è cambiato nella figura paterna in questi secoli in cui eravamo tutti giustamente impegnati ad occuparci di infanzia e maternità?

Secondo il 1° Rapporto sulla paternità in Italia (redatto dal Dipartimento di scienze della formazione dell’Università RomaTre ) il primo dato che emerge è che “il padre di oggi è profondamente diverso da quello di cinquanta o sessant’anni fa”; ma qual è il suo nuovo ruolo nella società e in famiglia? E, in particolare, il padre di oggi è assente come sembrerebbero denunciare alcune sue istantanee della nostra epoca?

Nì.

Secondo lo psichiatra Gustavo Pietropolli Charmet, “l’imperante narcisismo che oggi si esprime in molti modi – dalla dipendenza da Facebook, con la spasmodica ricerca di “amici” e di “like”, all’imperversare dei selfie – denuncia una fame di attenzione per colmare il vuoto lasciato dalla figura paterna”.

Però, dicono i dati, il padre di oggi non è assente.

Mai come oggi, il padre, anzi, è stato presente nella vita dei figli sin dalla nascita. Dice sempre il Rapporto sulla paternità che “sul totale dei parti naturali in Italia, quasi l’80% dei padri assiste alla nascita e nei casi in cui al parto assiste una persona di fiducia questa persona è il padre nel 91,3% dei casi. Per non parlare dei numerosi papà che partecipano, assieme alle future mamme, ai corsi pre-parto”.

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Il padre è spesso anche presente nell’accudimento del neonato, cosa che in passato era totalmente affidata alla madre e alle figure femminili della famiglia.

E migliorano anche gli utilizzi da parte del padre dei congedi parentali che prima erano fruiti solo dalla madre e che oggi prevedono per il padre quattro giorni di permesso obbligatori.

E allora qual è l’assenza del padre di cui ancora si parla?

Pare essere quella del padre autorevole che è stato sostituito dal “padre-amico” o “padre-compagno”.

Naturalmente, su questo argomento, c’è chi è favorevole e chi è contrario, ma pare che pian piano si converga verso una sola idea di padre “giusta”, ovvero quella secondo cui il ruolo del padre debba essere anzitutto educativo.

E questo tipo di padre non è amico. Egli prevede il limite, il controllo, quando necessario il divieto (mai la violenza, né fisica né verbale)…. Tutte cose che non rientrano certo nel ruolo di amico con il quale la relazione è “orizzontale”, e che invece necessitano di una relazione “verticale”, vale a dire gerarchica.

Insomma, un padre che c’è e guida ma che sia ben definito nel suo ruolo, nella sua cura e nelle sue funzioni.

Secondo il 1° Rapporto sulla paternità, perciò, sono davvero tanti gli aspetti che segnano i nuovi padri: dalla fisicità, all’accudimento (nessun padre, oggi, si trova imbarazzato se deve preparare una pappa o cambiare un pannolino) alla capacità di esprimere liberamente i propri sentimenti e le proprie emozioni, cosa che i padri di prima non facevano perché non gli era consentito.

Quindi il padre di oggi è cambiato così come cambiati sono anche i suoi “doveri assoluti” che lo vedono, talvolta, responsabile fino all’inverosimile del suo ruolo genitoriale. Non a caso oggi la Caritas ha definito più volte i padri separati “nuovi poveri” e, anche da questo, però, bisogna ben guardarsi per non dover passare da un eccesso all’altro, ovvero, dal tempo in cui i padri erano destinati solo alla guerra o ai campi, a quando i padri, nonostante la loro ritrovata paternità, vengano poi, sempre e comunque, stigmatizzati.

Per saperne di più, visita il blog del Dott. Ferrando

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