Secondo gli esperti potrebbe essere possibile diagnosticare l’autismo nei neonati semplicemente con un test dello sguardo, un esame molto semplice che consente di capire se gli occhi del bambino già nei primi giorni di vita siano o meno catturati da i classici stimoli sociali, come il movimento di una mano o la visione di un viso.
Ecco l’interessante prospettiva di uno studio, questa volta italiano, coordinato da Giorgio Vallortigara dell’Università di Trento, in sinergia con i colleghi dell’Università di Padova e in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità di Roma. La ricerca ha analizzato i comportamenti dei bambini nei primi 6-10 giorni di vita, tutti neonati ad alto rischio di autismo, le cui reazioni agli stimoli sociali di cui si diceva prima, sono state messe a confronto con quelle di bambini a basso rischio.
A quanto pare le differenze sono decisamente notevoli tra i neonati a basso rischio e quelli ad alto rischio, ovvero bambini che hanno già fratelli maggiori con problemi di autismo: i neonati ad alto rischio di malattia sembrano essere poco interessati agli stimoli sociali o perdono subito l’attenzione, mentre gli altri si lasciano catturare dagli stimoli esterni fissando a lungo gli stimoli visivi.
Perché questo studio è importante? Perché getta le basi per una diagnosi precocissima dell’autismo, permettendo quindi di intervenire tempestivamente per tentare di contrastare la malattia fin dai suoi esordi. Senza dubbio l’autismo è una patologia abbastanza complessa, con livelli di gravità differenti, ma intervenire il prima possibile aiuta ad affrontarla nel modo migliore e potrebbe essere un grande passo avanti se consideriamo che attualmente l’autismo non si può diagnosticare prima dei 2-3 anni di vita del bambino.
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