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L’assegno divorzile una tantum, quando il coniuge viene “liquidato”
Leggiamo spesso, in relazione alle vicende dei personaggi famosi d’oltreoceano, che al momento del divorzio vengono versate somme pazzesche al coniuge meno ricco, come una sorta di “buonuscita” dal rapporto matrimoniale. Ma questo non riguarda soltanto i divi di Hollywood… anche da noi, infatti, esiste l’assegno divorzile una tantum! Vediamo come funziona e in quali casi.
In Italia, per uscire dal matrimonio e riacquistare lo status di celibe o nubile, è necessario separarsi davanti al Tribunale e, dopo tre anni, ottenere, sempre dal Tribunale, la cessazione degli effetti civili, alias il divorzio. Poiché il matrimonio non è un contratto, ciascuna delle parti può decidere, senza il consenso dell’altro coniuge, di richiedere separazione e divorzio; i problemi sorgono nel momento in cui bisogna determinare le condizioni.
Tra le numerose questioni ha senz’altro molto rilievo quella relativa all’assegno di mantenimento che deve essere corrisposto dal coniuge più abbiente a quello più debole, in relazione alle sue disponibilità ed al pregresso tenore di vita familiare. L’assegno previsto in sede di separazione molto spesso viene confermato in sede di divorzio: se è vero che ciò avviene nel tentativo di proteggere la posizione del coniuge più debole, è pur vero che spesso la corresponsione periodica dell’assegno, protratta anche dopo il divorzio, crea una terribile continuità del rapporto, che le parti, proprio con il divorzio, avrebbero voluto interrompere.
Una legge del 1970 prevede la possibilità di una liquidazione, in un’unica soluzione, di quanto spetta al coniuge più debole. Naturalmente, la corresponsione di una somma in formula unica e definitiva può avvenire solo e soltanto per espresso accordo delle parti, ratificato dal Giudice che ne verifica la congruità e l’equità dell’ammontare in relazione alle posizioni economiche delle parti, per evitare possibili abusi sul coniuge economicamente più debole.
Tale controllo del Giudice assume particolare rilievo se si pensa che la differenza tra l’importo da corrispondere in forma periodica e la formula una tantum consiste soprattutto in questo: l’importo periodico (assegno di mantenimento) viene stabilito in base alla situazione esistente al momento della pronuncia di divorzio, con la conseguente possibilità di una sua successiva revisione; la formula una tantum, invece, è semplicemente concordata tra i coniugi, e non è modificabile successivamente.
In pratica, chi sceglie la corresponsione periodica dell’assegno accetta il rischio del peggioramento delle condizioni economiche dell’obbligato, che determinerebbero una diminuzione dell’assegno stesso: ma conserva la possibilità di chiedere un aumento dell’assegno, sia se le sue stesse condizioni economiche peggiorano, sia se quelle dell’ex coniuge migliorano; e conserva pure il diritto alla pensione di reversibilità.
Chi invece sceglie la corresponsione una tantum deve essere consapevole che sta tagliando di netto ogni legame economico con l’ex coniuge, poiché quella corresponsione è definitiva ed immodificabile nel suo ammontare, indipendentemente dalle vicende economiche successive dei due ex coniugi .
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