Giornata Internazionale della carenza di ferro, ne soffre il 40% della popolazione: dagli esperti il vademecum un’Integrazione corretta

di Redazione Fast News


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Il 26 novembre si celebra la Giornata Internazionale della Carenza di Ferro, dedicata ad accrescere la consapevolezza sull’importanza di questo micronutriente e a sensibilizzare sugli effetti della sua mancanza. Si tratta infatti di un elemento essenziale per garantire numerose funzioni vitali del nostro organismo: interviene nella produzione dei globuli rossi, è un componente chiave dell’emoglobina e della mioglobina, proteine responsabili del trasporto e del rifornimento di ossigeno per tutti i tessuti, coadiuva i processi di produzione di energia delle nostre cellule, assicura un efficace funzionamento di cuore e cervello. Nonostante la sua importanza, quella del ferro è una delle forme più comuni di deficit nutritivo che riguarda circa il 40% della popolazione mondiale e 10 milioni di persone solo negli Stati Uniti. In Nuova Zelanda, invece, il 10,6% delle donne di età compresa tra 15 e 18 anni e il 12,1% di quelle di età compresa tra 31 e 50 anni accusano questa problematica. Anche in Italia, 3 persone su 10 si confrontano con questa carenza. Nonostante l’incidenza elevata, si tratta di una problematica ampiamente sottostimata, soprattutto per la difficoltà a isolarne i sintomi, generalmente aspecifici. Stanchezza, frequenti mal di testa, fiato corto, colorito pallido, capelli e unghie fragili, ma anche irritabilità, scarsa concentrazione, maggiore esposizione alle infezioni sono tutte problematiche apparentemente slegate tra loro, ma che potrebbero avere come fattore comune proprio un’insufficienza dei livelli di ferro.

Le cause di questo deficit sono varie: ad esempio le perdite di sangue fisiologiche o occasionali, i difetti di assorbimento del minerale legati a particolari patologie o un’alimentazione inadeguata e povera di questo micronutriente. “La carenza di ferro è la deficienza minerale più diffusa nella specie umana: diete squilibrate o intensa attività sportiva possono accentuarla, mentre ci sono situazioni fisiologiche (gravidanza, allattamento, ciclo mestruale, accrescimento e senescenza) che potrebbero richiedere un aumento della sua assunzione giornaliera. Ferroguna, integratore alimentare di Guna, realtà di spicco nel campo della nutraceutica fisiologica e della Medicina dei Sistemi, fornisce il 100% del valore nutrizionale di riferimento stabilito per il Ferro, insieme a Rame e Vitamina C. Il Ferro contribuisce alla normale formazione dei globuli rossi e dell’emoglobina e alla riduzione della stanchezza e dell’affaticamento. La Vitamina C aumenta l’assorbimento del ferro e il Rame e contribuisce al normale trasporto di ferro nell’organismo.” commenta il Dott. Franco Vicariotto, Medico Chirurgo, Specialista in ostetricia e ginecologia.

Il ferro è presente negli alimenti in due forme, come ferro eme, che si trova essenzialmente nella carne e nel pesce, e come ferro non eme, presente soprattutto nei prodotti vegetali. Il ferro eme è altamente biodisponibile (25-30%), l’assorbimento del ferro non eme è invece inferiore e più variabile (1-10%). Ecco che, se le linee guida raccomandano un’assunzione fra i 10 e i 18 milligrammi giornalieri, senza sufficienti riserve a disposizione, il corpo umano non ha l’energia per funzionare correttamente e l’impatto della carenza può tradursi in un peggioramento della qualità di vita quando non addirittura della salute. Adattando l’alimentazione, dunque, molti deficit di ferro si possono contenere.

Quali sono dunque, gli alimenti alleati di una “dieta ferrea”? Al primo posto c’è la carne, non solo quella rossa, ma anche quella di tacchino, pollo e faraona. Fegato e frattaglie sono ricchi di ferro eme. Medaglia d’argento per il pesce: quello azzurro in particolare ha buone percentuali di ferro. In questa tipologia spiccano le sardine, ma anche alici, pesce spada, sgombro e tonno. Sul podio anche il tuorlo d’uovo. Quello di gallina contiene infatti fino a 2,7 mg di ferro per 100 g; quello d’anatra arriva fino a 3,8 mg. Tra le alternative vegetali, invece, troviamo la soia: per ogni 100 g si calcolano 8 mg di ferro non eme. Nel carrello della spesa non possono inoltre mancare i legumi come fagioli, ceci, lenticchie, e i funghi, che a loro volta contengono buone dosi di ferro, in particolare quelli secchi. Aggiungiamo poi alla lista della spesa anche la frutta secca, con pistacchi e anacardi tra i più consigliati e i cereali come la crusca. Anche spezie ed erbe aromatiche hanno quantità (proporzionalmente) elevatissime di ferro: a seconda delle preferenze si può optare per timo, cumino, origano, cannella, salvia, semi di finocchio. Infine, ottimi alleati per il nostro benessere sono le verdure a foglia verde come radicchio e spinaci (sopravvalutati come fonte utile).

Ecco, infine, il vademecum degli esperti di Guna per costruire una “dieta ferrea”, puntando anche sull’integrazione:

  1. Scegliere cibi ricchi di ferro, privilegiando un’alimentazione varia ed equilibrata, tra le soluzioni di carne e quelle vegetali.
  2. Nel caso si segua un’alimentazione vegetariana o vegana, bilanciare la propria alimentazione ricavando il ferro da fonti alternative alla carne: legumi, frutta a guscio, cereali integrali, funghi sono delle buone fonti vegetali, come certa frutta secca (albicocche e fichi), cui affiancare ortaggi a foglia verde scuro.
  3. Associare fonti di vitamina C (esempio: limone come condimento, o altri agrumi) oppure kiwi, così da migliorare l’assorbimento del ferro.
  4. Evitare i prodotti che riducono l’assorbimento del ferro, come latticini, caffè e .
  5. Supportare il fabbisogno giornaliero di ferro attraverso un’integrazione mirata, in caso di diminuito apporto o aumentato fabbisogno.

Attenzione al “fai da te”, bisogna essere seguiti dal medico o supportati dal consiglio del farmacista di fiducia o del nutrizionista.

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