Il sole è da sempre considerato un grande alleato per il benessere psicofisico, meno per quello della nostra pelle, che ha infatti bisogno di essere protetta correttamente dai raggi solari e Martina Bindi insegna come farlo al meglio.
Durante l’estate, l’indice UV sale, passando dai valori invernali 1/2 a quelli estivi 8/10, in base alle aree geografiche: come stabilito dalle linee guida europee già dal momento in cui l’indice UV arriva a 3, è importante proteggere la pelle dal sole, soprattutto se si trascorre del tempo all’aperto. Il sole, infatti, se da un lato contribuisce al nostro benessere psicofisico, portando il buon umore e favorendo il sonno, dall’altro non giova alla pelle che deve essere per questo efficacemente protetta.
Con l’aumento delle temperature e dell’intensità dei raggi solari, la pelle attiva 3 risposte di difesa naturale, cheratina, sebo e melanina. Nello specifico:
In primis aumenta la sintesi di cheratina, la proteina dello strato superficiale della pelle, erroneamente definita strato di cellule morte, aumento dovuto al fatto che questa proteina filtra oltre il 70% dei raggi UVB costituendo a tutti gli effetti il nostro filtro fisico naturale.
La pelle modifica il sebo, non tanto la quantità, ma la sua fluidità: questa variazione è dovuta alla presenza nel sebo di due potenti antiossidanti, la vitamina E e lo squalene. L’obiettivo protettivo della pelle è distribuire una sorta di pellicola antiossidante su tutta la superficie cutanea, così da creare un filtro chimico naturale che neutralizzi i radicali liberi dell’ossigeno (ROS), indotti dai raggi solari.
Infine la melanina, la più conosciuta, la più amata perché dona l’abbronzatura, ma anche la più temuta da chi soffre di macchie o di foto invecchiamento. Per ottenere una risposta omogenea della melanina (colorito uniforme), è fondamentale preservare le prime linee di difesa della pelle (cheratina e sebo).
Secondo Martina Bindi, estetista di lunga data e creatrice del metodo “Bella senza trucco a 50 anni” e della linea di cosmetici naturali bSoul, scegliere un buon solare però non è sufficiente: è necessario infatti adottare le giuste abitudini di esposizione per preservare e ottenere una pelle uniforme, sana e giovane più a lungo.
Il sole non solo non fa bene alla pelle ma è una delle principali cause del fotoinvecchiamento, poiché accelera questo processo: per non subire danni, macchie e invecchiamento durante l’estate bisogna stare attenti a una serie di semplici regole e partire dalla scelta di un buon solare.
Bisogna assicurarsi che la protezione contenga una sinergia di filtri solari ad ampio spettro, efficace sia sui raggi UVA che sui raggi UVB: questo sinergia deve essere fotostabile, cioè mantenere la sua capacità protettiva senza alterarsi dopo averla applicata. Infine non deve essere fototossica, non deve cioè avere reazioni avverse e incontrollate quando entra in contatto con le nostre cellule.
“Un buon solare dovrebbe contenere attivi specifici per completare l’azione protettiva, con lo scopo di preservare il nostro collagene ed elastina, che vengono infatti precocemente danneggiati a causa dell’aumento di alcuni enzimi provocato dai raggi solari”, sostiene Martina Bindi.
È importante applicare più volte la crema solare durante la giornata, se si trascorre del tempo al sole, circa ogni e mezza: bisognerebbe evitare l’esposizione ai raggi solari dalle 12.00 alle 16.00 poiché durante questa fascia oraria nessuna protezione garantisce la salute della pelle, in quanto non esiste lo schermo totale. Inoltre, bisogna anche proteggere il viso e gli occhi con cappellino e occhiali, niente può schermare completamente i raggi quando l’indice UV è alto.
Levigare o esfoliare la pelle in primavera o estate è uno degli errori più comuni che si possa fare: levigando la pelle, infatti, creiamo i presupposti per un invecchiamento precoce e per una pelle macchiata o poco uniforme.
Un altro errore comune è quello di sgrassare eccessivamente la pelle in estate: questo la renderà più vulnerabile al sole, predisposta alle macchie e sempre più grassa, a causa dell’effetto rebound che questa pratica comporta.