Benessere

Ma è vero che, dopo la morte, il cervello umano resta in vita 7 minuti?

Tra i miti più diffusi sul comportamento del cervello umano dopo la morte, ce n’è uno particolarmente suggestivo: si dice che, per circa 7 minuti, il cervello rimanga attivo, rivivendo i ricordi migliori della vita. Questa teoria, pur affascinante, mescola verità scientifiche e speculazioni non provate, e ha generato ampio dibattito tra scienziati, filosofi e appassionati di neurobiologia.

Cosa succede al cervello dopo la morte

Dopo la morte clinica, quando il cuore smette di battere e l’ossigeno non raggiunge più i tessuti, il cervello non si spegne immediatamente. Studi recenti hanno dimostrato che l’attività cerebrale persiste per un breve periodo, con un rallentamento progressivo fino alla cessazione completa delle funzioni vitali.

Secondo un articolo pubblicato su Frontiers in Aging Neuroscience, nei primi minuti successivi alla morte, il cervello entra in una sorta di “hyperdrive”. Questo stato di iperattività potrebbe spiegare fenomeni come le esperienze di pre-morte (NDE), spesso descritte come visioni di luce intensa o il rivivere eventi significativi della propria vita.

I “7 minuti” di attività cerebrale: origine del mito

Il mito dei 7 minuti deriva principalmente da rappresentazioni culturali e speculative piuttosto che da studi scientifici consolidati. L’idea di un “riassunto della vita” si collega alle esperienze riportate da persone che hanno vissuto episodi di morte clinica e sono state rianimate. Molti di loro descrivono la sensazione di aver rivissuto momenti importanti della propria esistenza.

Uno studio del 2022 condotto su un paziente con elettrodi impiantati per monitorare l’attività cerebrale durante il processo di morte ha rilevato che, subito dopo l’arresto cardiaco, il cervello mostrava onde gamma associate alla memoria e alla coscienza. Tuttavia, non è possibile stabilire con certezza che queste attività siano legate alla rivisitazione dei ricordi migliori.

Che cosa sono le onde gamma?

Le onde gamma sono frequenze cerebrali che si manifestano durante processi cognitivi complessi, come la concentrazione, la memoria e la consapevolezza. Durante il momento della morte, l’attivazione di queste onde potrebbe riflettere un tentativo finale del cervello di elaborare informazioni o di adattarsi alla mancanza di ossigeno.

Ma è importante notare che la durata di questa attività varia da individuo a individuo e che la correlazione con i 7 minuti non è stata dimostrata scientificamente.

Esperienze di pre-morte: una connessione?

Le esperienze di pre-morte (NDE) offrono uno spunto interessante per esplorare questa teoria. Molte persone che hanno vissuto una NDE riferiscono di aver rivisto i momenti salienti della loro vita in pochi istanti. Questi racconti hanno alimentato l’idea che il cervello, durante il processo di morte, possa rivivere i ricordi più significativi.

Queste esperienze possono essere spiegate da una combinazione di attività neurologica e interpretazioni soggettive. Le NDE, infatti, non sono necessariamente un segno di vita dopo la morte, ma un fenomeno neurologico legato al processo di morte.

Limiti della teoria dei 7 minuti

Sebbene affascinante, l’idea che il cervello ripercorra i ricordi migliori per esattamente 7 minuti non trova solide basi scientifiche. Gli studi disponibili suggeriscono che l’attività cerebrale post-mortem esista, ma la sua durata e qualità variano ampiamente. Inoltre, non ci sono prove concrete che colleghino questa attività a un “film” della vita.

Implicazioni filosofiche ed etiche

Questo mito solleva interrogativi profondi sul significato della vita e della morte. Se il cervello conserva l’attività cosciente per alcuni minuti, potremmo considerare la morte non come un momento, ma come un processo. Questo ha implicazioni sia per la ricerca medica sia per il modo in cui definiamo la fine della vita.

Cosa dice la scienza oggi

Attualmente, la comunità scientifica concorda sul fatto che l’attività cerebrale dopo la morte sia reale, ma la sua interpretazione rimane complessa. Nuove tecnologie, come la neuroimaging avanzata, potrebbero un giorno chiarire ulteriormente questi fenomeni.

Tuttavia, l’idea di 7 minuti di ricordi migliori rimane una metafora poetica piuttosto che un fatto scientifico. Il cervello è ancora uno degli organi meno compresi, e il processo di morte ci offre un’ultima frontiera di conoscenza.

Foto da Deposit Photos.