Ucraina, attira i russi su Tinder e gli mostra le foto delle città distrutte

di Alice Marchese


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Utilizza un’app d’incontri come Tinder per creare una rete di aiuto. E’ la storia di Kinga Szostko. La donna ha voluto informare gli uomini russi sulla sua guerra sporca in Ucraina nonostante il blocco totale di Twitter, Facebook e delle principali fonti occidentali.

Kinga Szostko utilizza Tinder per informare sulla guerra in Ucraina

Tinder non era ancora vietato in Russia, pertanto Kinga decide di utilizzarlo come canale di informzione. “Kyra, 40 anni, studi all’Istituto di Giurisprudenza di Mosca”. Agli eventuali corteggiatori russi interessati a maggiori dettagli della sua vita. Non si tratta di interessi, hobby e passioni, apparivano crude foto dei bombardamenti e dei morti e una didascalia, sempre identica: “Mariupol dopo l’attacco russo“, “Kiev dopo l’attacco russo”, “Kharkiv dopo l’attacco russo”. Lo riporta il Corriere della Sera.

La donna, che lavora per una fondazione a Gydnia, sul Mar Baltico, ha invitato su Instagram le donne polacche a imitarla: “Con questo strumento possiamo raggiungere utenti russi con informazioni”. Speriamo la sua geniale idea contagi tante donne anche fuori dalla Polonia

Ucraina: morta la donna incinta dell’ospedale di Mariupol

La donna era stata trasportata in un altro ospedale d’urgenza e i medici avevano tentato di salvarle la vita ma aveva il bacino schiacciato. I dottori hanno fatto nascere il bambino, tramite taglio cesareo, che però non mostrava segni di vita, ha spiegato il chirugo Timur Marin. Si è poi cercato di salvare la madre, ma anche lei è deceduta. Lo riporta il Sole24ore.

La donna era stata trasportata d’urgenza in un altro ospedale dopo l’attacco russo la scorsa settimana ed era stata fotografata, distesa su una barella, mentre si teneva con le mani il grembo insanguinato. La foto fece il giro del mondo in pochi minuti. Nonostante il rapido intervento, i medici non sono riusciti a salvare né lei né il bimbo. La propaganda russa aveva sostenuto che l’ospedale non funzionasse più da tempo come struttura sanitaria ma fosse in realtà utilizzato come base da combattenti ucraini.

Per Mosca le immagini era una messinscena mediatica

A sostegno della tesi erano state usate le immagini di un’altra donna incinta fotografata nell’ospedale di Mariupol, Marianna Podgurskaja, una nota blogger ucraina: per Mosca le immagini della ragazza erano invece parte di una «messinscena mediatica», cosa smentita dal fatto che pochi giorni dopo la donna ha effettivamente partorito un figlio.
Il nome della donna morta non è noto: nel caos seguito al bombardamento, riferisce la Ap, i medici non sono riusciti a trascriverlo prima che il marito e il padre della donna venissero a prendere il corpo, suo e del bimbo.

Guerra in Ucraina: cosa sta succedendo

La situazione a Mariupol, intanto, diventa sempre più drammatica. I civili che stanno cercando di scappare dalla città raccontano di scene disperate. La Bbc ha riferito che i russi hanno intensificato l’assedio raccogliendo le testimonianze dei cittadini ucraini coinvolti. Il sacerdote Pavel Komashevsky ha spiegato che i bombardamenti nelle zone residenziali di Mariupol avvengono senza sosta giorno e notte. Il prete ha rivelato che non c’è più l’elettricità e che mancano i viveri. La città è nel caos tanto che i residenti hanno cominciato a saccheggiare negozi e farmacie. È difficile anche scappare, poiché i corridoi umanitari sono stati interdetti dato l’intensificarsi dei bombardamenti russi.

Alberto Contri: “Non c’è nulla di oggettivo”

Nonostante le terribili immagini, alcuni pensano che tutto questo non sia vero in quanto arrivano notizie false e notizie vere. La propaganda comporta smentite e fake news sugli attacchi, alcune addirittura smentiscono quella dell’attacco all’ospedale pediatrico di Mariupol. Ospiti di Massimo Giletti a Non è l’arena, su La7, Alberto Contri e Luca Telese si scontrano duramente sulla veridicità delle immagini mostrate. “Io me ne intendo, un set del genere lo monti in due ore”, tuona il professore. “No ti prego no, non dire che è un set”, ribatte il giornalista. “Non c’è nulla di oggettivo”, insiste Contri.

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