Chi è Lucy Salani, la donna transessuale più anziana d’Italia a 97 anni, sopravvissuta al campo di concentramento di Dachau.Ha 97 anni ed è una donna transessuale sopravvissuta ai campi di sterminio nazifascisti. La “nonna trans” d’Italia è una delle poche testimoni dirette delle persecuzioni subite da transessuali e omosessuali durante la Seconda Guerra Mondiale.
Nata a Fossano nel 1924 in una famiglia antifascista, Lucy Salani è cresciuta a Bologna. Nasconde per anni le sue relazioni omosessuali per paura delle persecuzioni fasciste, lottando anche contro il rifiuto dei suoi familiari, come racconta all’Arcigay in occasione della Giornata della memoria 2021: “Mi sono sempre sentita femmina fin da piccola.
Mia madre era disperata. Volevo sempre fare ciò che a quell’età facevano le bambine: cucinare, pulire e giocare con le bambole. Mio padre e i miei fratelli non mi accettarono. Negli anni trenta i miei genitori si trasferirono nel bolognese e fu così che in città allacciai amicizie con diversi omosessuali. Allora non si parlava di omosessualità, non si doveva dare troppo nell’occhio, le bande di fascisti dove trovavano persone come noi combinavano sempre guai, picchiavano, rapavano, imbrattavano di catrame“.
Poi arriva la chiamata dell’esercito: Lucy Salani cerca di sfuggire alla leva dichiarandosi omosessuale, ma non viene creduta. Dopo l’armistizio del 1943, diserta e prova a tornare dalla sua famiglia. Dopo poche settimane nascosta in campagna, viene trovata dai nazisti: “Io mi nascondevo con un altro ragazzo, ma non lo conoscevo. Ci hanno fermati e messi in galera e ci hanno interrogati. Per ogni risposta che loro consideravano errata, noi ricevevamo botte! Quel poveraccio l’hanno preso a mazzate. Per quel che mi riguarda, ho detto a ogni modo che cos’ero… Mi dissero: ‘O vai con i tedeschi o con i fascisti’”. Lucy Salani si aggrega all’esercito nazista, ma diserta poco dopo, fingendo una bronchite.
Braccata dai tedeschi e costretta a vivere di espedienti, viene catturata settimane dopo e condannata a morte. Il tribunale le concede tuttavia la grazia, e la manda in Germania, in un campo di concentramento: “Ricordo l’entrata al campo di concentramento di Dachau. Ci hanno fatto spogliare e con un bidone ci hanno fatto quella che chiamavano disinfestazione e dopo poco la nostra pelle veniva via. All’uscita ho visto una scena raccapricciante, un detenuto stava strangolando un giovane ragazzo per prendere un pezzo di pane in più… Non esisteva più il nome ma solo il numero che dovevamo ripetere in tedesco”.
“Persone che erano solo pelle e ossa. Facevano gli esperimenti. Bruciavano i morti e c’era chi era ancora vivo, che si muoveva fra le fiamme. Terribile, terribile. La mattina quando ti alzavi e volgevi il tuo sguardo intorno alla recinzione elettrificata, trovavi un mucchio di ragazzi attaccati. Fortunatamente risultavo disertore, non omosessuale. Rimasi in quel campo sei mesi” –racconta la donna– “e il giorno in cui i tedeschi capirono che era finita ci ammucchiarono al centro del campo e iniziarono a sparare.Io fui ferita a una gamba e svenni, mi trovarono gli americani in mezzo ai cadaveri e cos’ tornai a casa”.
Tornata finalmente a casa, Lucy Salani riuscì a rifarsi una vita. Si trasferisce a Torino e si guadagna da vivere come tappezziere e designer d’interni, lavorando in tutta l’Italia Settentrionale: “A Torino ho vissuto dei momenti stupendi. Facevo il tappezziere. Andavo per locali. Stavo bene. Ero amata. Avevo amici. Mi sono divertita tanto”.
Nel 1982, va a Londra per sottoporsi a un intervento chirurgico di riassegnazione del sesso: è una delle prime italiane a farlo. Non le è concesso tuttavia, di rettificare i documenti d’identità, discriminazione che le crea problemi ancora oggi: nel 2018 le è stato rifiutato l’accesso a una casa di riposo.
Alla sua storia son stati dedicati molti libri e documentari. Nel 2009, Gabriella Romano scrive la biografia Il mio nome è Lucy. L’Italia del XX secolo Nei ricordi di una transessuale. Nel 2011 la stessa scrittrice dedicherà alla storia di Lucy Salani un documentario, Essere Lucy. I registi Matteo Bortugno e Daniele Coluccini hanno riportato la vita di Salani sul grande schermo nel 2021, con C’è un soffio di vita soltanto.