Avrebbe dato da mangiare alla prozia cibo proibito, causandone la morte. Una svolta nelle indagini sulla morte di Maria Basso, 80enne ex funzionaria della Farnesina deceduta lo scorso 16 dicembre in circostanze sospette. La procura di Catania ha arrestato con l’accusa di omicidio aggravato e circonvenzione di incapace la pronipote della vittima, Paola Pepe, 59 anni.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, l’indagata avrebbe approfittato delle precarie condizioni di salute della prozia, affetta da gravi patologie e costretta ad assumere solo cibi omogeneizzati, per indurla a modificare il testamento in proprio favore. L’obiettivo finale sarebbe stato mettere le mani sul patrimonio della donna, stimato in circa 1 milione di euro. Per raggiungere il suo scopo, Paola Pepe avrebbe circuito l’anziana parente, fingendosi affettuosa e premurosa nei suoi confronti. Poi, lo scorso 11 dicembre, l’avrebbe portata fuori a pranzo in un ristorante, servendole un piatto di spaghetti non omogeneizzati. Il cibo solido avrebbe provocato nella vittima una grave bronchite che poi l’avrebbe uccisa qualche giorno dopo.
La morte di Maria Basso, residente presso una casa di riposo di Aci Castello, era stata da subito catalogata come sospetta dai medici e dai parenti. È stata infatti la stessa Paola Pepe a inviare ai familiari una foto che ritraeva la prozia mentre mangiava una porzione di pasta, nonostante quest’ultima potesse assumere solo alimenti frullati per motivi di salute. Gli accertamenti della Procura hanno permesso di ricostruire come la nipote, a partire dallo scorso settembre, abbia messo in atto un vero e proprio disegno criminoso ai danni della malcapitata ottantenne.
Tutto sarebbe iniziato in occasione dell’ottantesimo compleanno della vittima, quando l’indagata si è presentata ad una festa organizzata, pur non essendo stata invitata e non avendo mai intrattenuto rapporti frequenti con la prozia. Da quel momento, con fare premuroso, avrebbe conquistato in poco tempo la fiducia dell’anziana, riuscendo a farsi nominare unica erede in una procura speciale. Gli altri parenti, insospettiti, avevano da subito colto nell’atteggiamento della donna una sorta di attaccamento morboso nei confronti della prozia. Dubbi che si sono rivelati fondati.
Ora Paola Pepe si trova agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, in attesa del processo. La difesa ha provato a sostenere che tra le due donne ci fosse un genuino affetto, portando come prova alcuni messaggi che si sarebbero scambiate. Ma gli inquirenti hanno appurato come la vittima, per le sue condizioni fisiche, non fosse in grado di utilizzare il cellulare autonomamente. Pertanto anche la corrispondenza sarebbe stata artefatta dall’indagata per accreditare la tesi di un legame affettivo.