Dopo l’orrendo episodio svoltosi al Foro Italico di Palermo ai danni di una ragazza indifesa, come per ogni evento drammatico che finisce sotto i riflettori dell’opinione pubblica, si sono scatenate fazioni di opinionisti che sentenziato ben saldi dietro le proprie scrivanie ( e tastiere) “La colpa è della società!”. Ma dobbiamo davvero sentirci coinvolti moralmente e politicamente in questa orribile vicenda? Che ne è del libero arbitrio? Riflettiamo insieme.
Secondo molti, a cominciare dalla professoressa siciliana che si è espressa in un video divenuto virale, anche noi che nulla abbiamo a che spartire con quella bestialità, noi che siamo culturalmente lontani anni luce da quella violenza, dovremmo auto colpevolizzarci perché siamo tutti responsabili. Nessuno escluso.
Ha senso colpevolizzare una categoria, auto colpevolizzarsi? Siamo davvero tutti responsabili o la società degli uomini liberi e rispettosi si può dire innocente e tirarsi fuori? Innanzitutto dobbiamo fare i conti con la sensazione di rabbia che proviamo dopo aver appreso l’ennesimo caso di violenza e ingiustizia cui si somma il senso di impotenza per non aver potuto aiutare la vittima. In una società che dovrebbe essere radicalmente cambiata, di fatto nulla è cambiato.
Il caso di Palermo colpisce perché è una violenza di gruppo, fatta da ragazzi che hanno dimostrato di non provare alcuna umanità ed empatia. Sono indifferenti al dolore della vittima e sicuri dell’impunità. Tuttavia, a ben guardare, non sono alieni. Sono persone che vivono nella società, hanno madri e padri, sorelle e fidanzate. Ma non solo. Il barista al quale uno dei sette ha detto “falla ubriacare che ci pensiamo noi” ha fornito l’alcol necessario. I passanti hanno visto una ragazza in difficoltà e non hanno fatto nulla. Gli amici degli stupratori, si sono passati il video. “Sono persone come noi” dicono in molti.
Il retaggio di una cultura tossica maschilista resiste al progresso e alla civiltà. Una logica di branco, di gregge, che favorisce l’omertà, la sopraffazione, l’impunità. Una tara culturale che va estirpata insegnando l’educazione sessuale e sentimentale a scuola, bandendo ogni discriminazione delle identità sessuali, responsabilizzando la politica a favorire l’effettiva eguaglianza tra i sessi e lo sviluppo culturale. E poi non lasciando le donne in questa battaglia, come se non riguardasse tutti. In questo, di certo, siamo tutti responsabili.
Non dobbiamo colpevolizzare tutti gli uomini bensì occuparci, ognuno nel suo piccolo, di contrastare i fenomeni quotidiani di sopraffazione dei sessi, di contrastare revenge porn e cyberbullismo con (tutti) i mezzi a nostra disposizione. Ma facciamo attenzione: dare la colpa alla società non deve deresponsabilizzare i veri colpevoli.
Se in questo mondo c’è chi sceglie di salvare vite umane e chi di rovinarle il motivo è che ognuno può scegliere chi essere e chi diventare. Esiste il libero arbitrio. Questi sette individui senza scrupoli ( e tanti altri come loro di cui non siamo a conoscenza) potevano scegliere tra il bene e il male e hanno scelto il male. E devono pagare per le proprie scelte. Loro e nessun altro. I genitori non c’entrano, o meglio, possono dare le ‘linee guida’ ma poi ognuno è responsabile del proprio operato e dovrà risponderne alla giustizia oggi e a Dio domani. Dare la colpa a tutti significa alleviare i veri colpevoli di un fardello che, invece, meritano di portare fino alla fine dei propri giorni. Il perdono si deve meritare e, fino a questo momento, i rei non ne sono degni.