Il terribile stupro di gruppo di Catania ha ovviamente sconvolto l’intera comunità italiana. Tuttavia, come già successo con quello avvenuto alcuni mesi fa a Palermo, stiamo assistendo allo stesso errore: spostare l’attenzione dalla vittima agli aggressori e in particolare al fatto che siano di nazionalità egiziana, ospiti del centro migranti.
In poche parole, è in corso una strumentalizzazione – le elezioni europee tra l’altro non sono lontane – che non punta a trovare soluzioni concrete per prevenire queste violenze aberranti ma ad attaccare l’avversario politico. E come? Dando la colpa dello stupro avvenuto in pieno giorno alla villa Bellini anche al sistema dell’accoglienza.
Eppure, come accaduto nel caso poco su citato della violenza di Palermo o in quello sotto processo che coinvolge anche il figlio di Beppe Grillo, la nazionalità degli aggressori non c’entra bensì il sistema di disvalori di cui fanno parte i giovani che hanno commesso queste azioni atroci, seconde solo agli omicidi.
Per di più, stiamo assistendo alla solita ‘tiritera’ della necessità di pene più dure, anche estreme – come la castrazione chimica proposta periodicamente dal ministro Matteo Salvini, leader della Lega – e non alla promozione di campagne di prevenzione lì dove ogni giovane dovrebbe essere educato alla socialità e al rispetto del prossimo: la scuola e in ogni struttura di aggregazione giovanile.
In poche parole, ci si sta concentrando ancora una volta sugli effetti di un fatto tragico e non sulle cause psicologiche e sociologiche che lo hanno determinato.
Sia chiaro: la legge deve essere dura e soprattutto certa. Agli stupri non possono non conseguire pene significative e davvero afflittive. Tuttavia, non bisogna perdere di vista neanche l’ordine, come giustamente sottolienato da Matteo Renzi, leader di Italia Viva, nella sua e-news di oggi: “La vicenda di Catania lascia inorriditi. La destra strumentalizza questo tema quando è all’opposizione e non fa nulla quando è al governo. La sinistra finge di non vedere che qui siamo davanti a un’emergenza, perché anche in Italia le baby gang stanno diventando un problema serio. Bisogna riscoprire la lezione di Tony Blair: duri con il crimine, duri con le cause del crimine. Legge e ordine sono parole chiave della nostra sfida politica, non sono slogan”.
Ecco il punto: i crimini, soprattutto giovanili, non si limitano solo con lo strumento della punizione ma anche con quello della deterrenza e dell’educazione sociale. Così come, nelle carceri, non bisogna limitarsi solo a recludere ma anche a promuovere il recupero sociale del reo, altrimenti, scontata la pena, non ci sarà alcuna certezza sulla qualità della sua risocializzazione.
Quindi, meno odio inutile e più soluzioni. E sì, meno parole e più fatti.