“Assistere al processo per il suo omicidio è stato come vederla morire una seconda volta.” Così Chiara Tramontano, sorella di Giulia Tramontano, ha scritto in un lungo post su Instagram, all’indomani dell’udienza in cui la procura ha chiesto l’ergastolo per Alessandro Impagnatiello. Le parole della difesa dell’imputato hanno ferito profondamente la famiglia: “Definire l’atroce atto compiuto dall’assassino come un ‘grave gesto’ è offensivo e insensibile,” ha proseguito Chiara, sottolineando come la difesa abbia sminuito il crimine con un linguaggio inadeguato.
In aula, la difesa ha persino affermato che, se l’assassino fosse stato un “vero stratega”, avrebbe “buttato il corpo” di Giulia. “Parole che offendono non solo la memoria della vittima,” scrive Chiara, “ma anche chi rimane.” Il post di Chiara condanna la descrizione di atti così efferati con termini che mancano di rispetto alla dignità della vita umana e al dolore dei familiari.
La famiglia Tramontano critica anche la richiesta della difesa di eliminare le aggravanti. Chiara racconta che, durante l’udienza, sono stati letti messaggi inviati dall’assassino alla sua vittima, dopo averla uccisa, in cui fingeva di cercarla. “Una ridicola sceneggiatura,” commenta Chiara, definendo questo tentativo un’ulteriore mancanza di rispetto. “La difesa ha chiesto la ‘giusta pena’. Ma quale può essere la giusta pena per un essere così misero?”.
Per la famiglia Tramontano, il processo ha rappresentato una “teatrale rappresentazione del fallimento dell’empatia verso la famiglia della vittima e di ogni valore umano.” Nelle parole della sorella Chiara e della famiglia si sente la sofferenza per il trattamento riservato alla memoria di Giulia e il peso della richiesta di giustizia per una vita spezzata così brutalmente.
Per la famiglia Tramontano, “ogni parola spesa per un tale assassinio diventa miserabile e ripugnante come lo stesso”, mentre il post si conclude con la denuncia del “fallimento dell’umanità, socialità, famiglia, e del rispetto dei sentimenti altrui”. Un messaggio forte che esprime l’indignazione verso un sistema che, di fronte a un crimine così brutale, lascia alla famiglia il peso di difendere la dignità della vittima.