Nuova udienza oggi 4 aprile sul caso Giulia Tramontano. Difesa e accusa hanno interrogato i quattro medici che si sono occupati dell’autopsia e delle analisi tossicologiche sul corpo della ragazza incinta di 7 mesi morta accoltellata dal compagno Alessandro Impagnatiello. Ora l’uomo rischia una condanna all’ergastolo.
Durante questa udienza in aula non sono presenti i familiari di Giulia “perché probabilmente verranno proiettate immagini crude”, come precisa l’avvocato della famiglia Tramontano, Giovanni Cacciapuoti. I genitori e la sorella della vittima sono stati ascoltati nelle precedenti due udienze. In quest’udienza invece varranno infatti proiettate le immagini del cadavere trovato vicino a dei cespugli in un sacco dei rifiuti. Così come le foto dell’autopsia. Per questo per parte dell’udienza si è deciso di procedere a porta chiuse.
L’avvocato, Giulia Gerardini, legale di Alessandro Impagnatiello, ha spiegato: “Oggi sentiamo i consulenti tecnici e vediamo cosa hanno da dirci. Il materiale che faranno vedere lo abbiamo già visionato e l’impressione che ci ha fatto è veramente tosta. Abbiamo chiamato a testimoniare uno psicologo e uno psichiatra e il perché lo capirete nel corso del dibattimento. Oggi è veramente tosta”.
“Una coltellata ha colpito la laringe, non è mortale ma può aver impedito a Giulia di urlare. L’impressione è che l’aggressione sia avvenuta da terra perché è una posizione in cui sono più facilmente raggiungibili tutte le sedi coinvolte dalle lesioni. La pancia non è stata colpito con il coltello”.
Non erano presenti tipi di lesioni sulle braccia, così come le mani: questo significa che Giulia Tramontano non ha avuto il tempo di difendersi. Il medico precisa che la presenza di sostanze tossicologiche non ha influito sul decesso: da mesi infatti Impagnatiello avrebbe provato ad avvelenare Giulia e quindi anche il loro bambino somministrandole di nascosto veleno per topi.
Anche Gentilomo precisa che capire l’esatto orario e giorno della morte è difficile a causa della bruciature che “alterano le temperature del corpo e quindi non permettono di stabilire il processo di decomposizione. Questo anche aggiunto agli eventi atmosferici esterni a cui è stato sottoposto corpo”.
Dopo Gentilomo è stato ascoltato Enzo Fulcheri, l’anatomopatologo chiamato a analizzare feto e placenta. Il medico ha fin da subito precisato: “Non ho trovato in feto e placenta segni di lesioni antecedenti al decesso. La carbonizzazione è avvenuta presumibilmente dopo il decesso, perché dai campioni di pelle non risultavano segni di reazione vitale. Feto e placenta, oltre che campioni di parete uterina, non presentavano segni di contrazioni, dunque non c’erano segni di travaglio in atto. Quindi la causa dell’interruzione della gravidanza è la morte della madre con interruzione perfusione ematica alla placenta”.
Poi ha preso il tossicologo dell’istituto di medicina legale di Milano Mauro Minoli. Si è occupato lui degli esami tossicologici sul corpo di Giulia: “Sono state fatte prime analisi di routine, che hanno evidenziato assenza di alcol e sostanze stupefacenti”. Subito il medico ha intercettato la presenza di veleno per topi: “Le analisi hanno svelato concentrazioni residuali e non più attive della sostanza nel corpo. Questo veleno si accumula soprattutto nel fegato per lungo tempo ma non è possibile stabilire quando sia stato assunto, perché non sappiamo quanto ne abbia preso. Sappiamo però che è stato somministrato”. Il medico precisa anche che il veleno era stato trovato in piccole quantità nel feto.
Nel corpo di Giulia “sicuramente nell’ultimo mese la presenza era molto più alta (le analisi sono state fatte sull’analisi del capello), quindi si presuppone che nei giorni prima della morte la vittima aveva somministrato il veleno in quantità molto più elevate”.
Quali sono le conseguenze di questo veleno? “Questo veleno rende indisponibile la vitamina k, che agisce sulla coagulazione e che quindi causa emorragia. Nell’uomo però sono necessarie concentrazioni elevate. Ha un sapore amaro e tra gli effetti collaterali c’è il mal di stomaco, dovuto a piccole emorragie della parete gastrica”.
Stando alla analisi fatte sul corpo di Giulia Tramontano “abbiamo rilevato un’ingestione per via gastrica. Le quantità rinvenute sono residuali, ma l’emivita del farmaco è molto breve, però l’accumulo nel fegato era presente e questo fa supporre un’assunzione in quantità più importanti. Dall’analisi del capello si può ipotizzare che l’assunzione del veleno sia avvenuta, per via orale, almeno da due mesi prima e fino a 15 giorni (dopo non è possibile valutare) prima della morte”.