Il pubblico ministero Andrea Petroni ha richiesto la condanna all’ergastolo per Filippo Turetta durante il processo per l’omicidio di Giulia Cecchettin, davanti alla Corte d’Assise di Venezia. La requisitoria, durata quasi tre ore, ha ripercorso le fasi del delitto, sottolineando la premeditazione e la crudeltà dell’atto. “La premeditazione è certa, un caso di scuola”, ha dichiarato Petroni, aggiungendo che la colpevolezza dell’imputato non lascia spazio a dubbi grazie alle prove schiaccianti.
Secondo il pm, Turetta avrebbe pianificato il delitto nei minimi dettagli, come dimostrano gli elementi trovati nel suo cellulare. “Le azioni si sono susseguite tra il 7 e l’11 novembre, con cadenza giornaliera. Non c’è alcuno scenario alternativo”, ha affermato Petroni. La crudeltà, una delle aggravanti principali, è evidenziata dai dettagli dell’autopsia: 75 coltellate, molte inferte quando la vittima era vigile, in tre momenti distinti. “Immaginate cosa significhi essere silenziati, lo scotch e la pressione sulla bocca, le ferite da difesa: la crudeltà è evidente”.
Petroni ha descritto la relazione tra Giulia Cecchettin e Filippo Turetta come caratterizzata da manipolazione, controllo ossessivo e stalking. L’imputato avrebbe esercitato un forte controllo su Giulia, limitandone amicizie e libertà personale. Secondo le prove raccolte, Turetta utilizzava persino minacce di suicidio come strumento ricattatorio. Un memorandum scritto dalla vittima, risalente al luglio 2023, riportava: “Ha idee strane riguardo al farsi giustizia da solo, dice cattiverie pesanti e minacce quando litighiamo, mi controlla”.
Durante l’udienza, Gino Cecchettin, padre della vittima, non era presente in aula. Era invece impegnato come presidente della Fondazione intitolata alla figlia, partecipando a un convegno alla Camera in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. “Oggi è una giornata importante, mi fa tornare alla mente un sacco di emozioni”, ha dichiarato.
Gli avvocati della famiglia Cecchettin hanno richiesto un risarcimento superiore a 1 milione di euro, che include anche la “lucida agonia”, ossia il tempo in cui Giulia ha compreso cosa stesse accadendo. L’avvocato Stefano Tigani ha sottolineato che da Turetta non sono mai arrivate scuse: “Non regge il discorso del ‘sarebbe ridicolo’, come affermato dall’imputato nella scorsa udienza”.
La difesa, rappresentata dagli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, avrà spazio per esporre la propria posizione nella prossima udienza. Filippo Turetta, rimasto a testa bassa per tutta la requisitoria, sarà di nuovo in aula.