Marina Berlusconi prende pubblicamente posizione in merito a quella che definisce “una persecuzione” verso il padre Silvio Berlusconi, riferendosi all’inchiesta della Procura di Firenze sui mandanti occulti delle stragi del 1993-1994.
A poco più di un mese dalla morte del padre Silvio, arrivano le parole di Marina Berlusconi affidate a una lettera pubblicata su Il Giornale. La figlia del Cavaliere, presidente di Fininvest e Gruppo Mondadori, scrive con la sensazione “sconfortante” di trovarsi a “un eterno ritorno alla casella di partenza” e definisce “assurdi i teoremi di certi pm intoccabili”.
“Ma la guerra dei trent’anni non doveva finire con Silvio Berlusconi? Dopo di lui, il tema giustizia non doveva tornare nei binari della normalità? No, purtroppo non è così. Ha aspettato giusto un mese dalla sua scomparsa, la Procura di Firenze, per riprendere imperterrita la caccia a Berlusconi, con l’accusa più delirante, quella di mafiosità. Mentre nel Paese il conflitto tra magistratura e politica è più vivo e violento che mai”, esordisce Marina Berlusconi, parlando al direttore de Il Giornale, Augusto Minzolini.
“Siamo incastrati in un gioco assurdo, che ci costringe a un eterno ritorno alla casella di partenza. È una sensazione sconfortante, perché sembra che ogni ipotesi di riforma diventi motivo di scontro frontale, a prescindere dai suoi contenuti”.
“Sia ben chiaro, spetta solo a politica e istituzioni, nel rispetto del dettato costituzionale, affrontare problemi gravi come questo. Sento però la necessità di portare una testimonianza, e una denuncia, innanzitutto come figlia: la persecuzione di cui mio padre è stato vittima, e che non ha il pudore di fermarsi nemmeno davanti alla sua scomparsa, credo contenga in sé molte delle patologie e delle aberrazioni da cui la nostra giustizia è afflitta“.
“È una storia che vede una sia pur piccola parte della magistratura trasformarsi in casta intoccabile e soggetto politico, teso solo a infangare gli avversari, veri o presunti. È così che certi pubblici ministeri invertono totalmente il percorso che la ricerca della verità dovrebbe seguire. Partono da un teorema, per quanto strampalato, e a questo adattano la realtà dei fatti, anche stravolgendola, per dimostrare la fondatezza del teorema stesso”.
“Che poi alla fine questo non trovi il minimo riscontro importa poco. Perché nel frattempo gli organi di informazione amici avranno diligentemente pubblicato le carte dell’accusa, anche quelle in teoria segrete, facendo di tutto per presentarne le ipotesi come fossero verità assolute”.
“L‘avviso di garanzia serve così solo a garantire che l’indagato venga subito messo alla gogna: seguiranno le canoniche intercettazioni, anche le più lontane dal tema dell’inchiesta. Ma tutto serve a costruire la condanna mediatica, quella che sta loro davvero a cuore, prima ancora che il teorema dell’accusa venga vagliato da un giudice terzo”.
“Un meccanismo diabolico, questa tenaglia pm-giornalisti complici, che rovina la vita ai diretti interessati ma anche condiziona, e nel caso di mio padre si è visto quanto, la vita democratica del Paese, avvelena il clima, calpesta i più sacri principi costituzionali. Eppure, e lo dico con tutta l’amarezza di cui sono capace, è un meccanismo diabolicamente efficace. Una condanna a un ”fine pena mai” anche senza una prova, anche senza una sentenza, anche dopo la vita stessa”, conclude Marina Berlusconi.