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Mamma condannata a 30 giorni di carcere per avere messo il suo bambino nel freezer
Una donna dell’Oregon, Stati Uniti d’America, è stata condannata a 30 giorni di carcere per aver sottoposto suo figlio neonato a una pratica di waterboarding (pratica di tortura che consiste nel creare un senso di soffocamento alla vittima tramite l’immersione nell’acqua) e per averlo messo in un congelatore per mettere alla prova il padre, cioè se avesse notato quello che stava succedendo.
Uno portavoce dell’Ufficio dello Sceriffo della Contea di Multnomah ha confermato a PEOPLE che Sharday McDonald, 30 anni, è stata condannata e arrestata il 12 settembre scorso per maltrattamento di primo grado in seguito a quanto avvenuto il 28 ottobre 2021 e per avere ostacolato un testimone il giorno successivo, anche se quest’ultima accusa riguarda un episodio separato.
Lo stesso portavoce ha anche spiegato che la donna sarà rilasciata il 6 ottobre, come mostrano anche i registri del Centro di Detenzione della Contea di Multnomah. Secondo Law & Crime, McDonald sarà posta sotto libertà vigilata per tre anni dopo il suo rilascio.
L’emittente televisiva di Portland Fox 12 Oregon, riportata da KPTV, ha riferito (e i documenti giudiziari lo confermano) che la donna si è dichiarata colpevole per entrambe le accuse.
La vicenda
Secondo quanto riferito dalla TV, i documenti giudiziari mostrano che la polizia ha risposto a una segnalazione il 28 ottobre 2021, secondo cui McDonald aveva messo il suo bambino nel congelatore nella loro casa, a Gresham.
Un agente di polizia ha sentito la McDonald urlare al padre del bambino, Kendrick Neal: “Te lo mostro subito. Non vuoi? Ti faccio vedere cosa succede a questo piccolo maledetto bambino, non me ne frega un cazzo”.
L’accusa ha dichiarato in tribunale che l’agente ha visto la McDonald tenere il bambino in una coperta quando ha aperto la porta d’ingresso.
Secondo Law & Crime, i documenti della polizia mostrano che “l’imputata Sharday Brianna McDonald ha detto all’agente che non stava cercando di ferire, danneggiare o uccidere suo figlio, annegandolo o mettendolo nel congelatore”.
Tuttavia, l’agente ha affermato che prima dell’arresto della donna, ha visto una foto che la mostrava “tenere il neonato per il corpo ma con un angolo verso il basso, con l’anca, le gambe e i piedi più in alto della testa (quasi capovolta) co n l’acqua che le scorreva sul viso”.
“L’unico posto dove poteva andare l’acqua era, a quell’angolazione, nel naso – ha proseguito l’agente – Sembrava che il bambino stesse cercando di trattenere il respiro mentre l’acqua gli scorreva sul viso”.
Quando l’agente stava arrestando la donna, le ha confessato che aveva sottoposto il suo bambino a una pratica di waterboarding come “test per spirito di rivalsa” per capire se, in questo modo, il marito sarebbe tornato nel loro appartamento.
L’emittente televisiva ha riportato che un medico che ha parlato a nome dell’accusa ha dichiarato in tribunale, basandosi sulle foto, che il bambino non era in grado di respirare e che ciò avrebbe potuto ucciderlo.