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Lia Pipitone, uccisa dal padre mafioso perché voleva essere libera: la storia

Lia Pipitone, vittima 40 anni fa di femminicidio e mafia. Una storia che non può essere dimenticata, anche in nome delle tante vittime di femminicidio che riempiono le cronache dei giorni nostri. La storia di una donna che non si è piegata al patriarcato e alla prepotenza, ma che ha pagato con la vita il suo sacrificio.

Una storia che non può essere dimenticata: Lia Pipitone uccisa dal padre boss mafioso 40 anni fa

Una triste pagina di storia che Palermo non può dimenticare. Sono passati 40 anni dall’omicidio di Lia Pipitone, giovane donna uccisa dal padre Antonino Pipitone, boss mafioso del quartiere dell’Acquasanta, che non accettava i desideri di libertà e indipendenza della figlia. Lia aveva solo 25 anni ed era piena di vita e di sogni. Appassionata d’arte, aveva frequentato il liceo artistico nonostante le resistenze paterne. Voleva essere una donna libera, ma questo le è costato la vita.

Palermo la ricorda con una panchina rossa contro la violenza

Sabato 23 settembre Palermo la ricorderà nel luogo dove fu assassinata 40 anni fa, il 23 settembre 1983, nel quartiere Arenella. Alle 10, in piazza via Ammiraglio Rizzo, adiacente a Montepellegrino, si terrà una giornata in memoria di Lia e di tutte le donne vittime di femminicidio.  Sarà installata una panchina rossa, simbolo della lotta contro la violenza sulle donne, e piantati due alberi di jacaranda come segno di rinascita e speranza. All’evento parteciperanno i familiari di Lia Pipitone e di un’altra vittima di femminicidio, Rosanna Lisa Siciliano, uccisa 10 anni fa a Palermo dal marito carabiniere.

Le battaglie di Lia Pipitone per l’emancipazione femminile

Attraverso le storie di Lia e Rosanna, si vogliono infrangere gli stereotipi di una cultura patriarcale che impedisce l’emancipazione e l’autodeterminazione femminile. Storie che ci ricordano l’importanza di ascoltare le richieste d’aiuto delle donne vittime di violenza. Lia Pipitone, 25 anni, fu uccisa nel 1983 dal padre Antonino Pipitone, boss dell’Acquasanta, che non accettava il desiderio di libertà e indipendenza della figlia. Lia era giovane, bella, solare e piena di vita, appassionata d’arte, aveva frequentato il liceo artistico, nonostante le resistenze del padre. Una giovane che ha provato ad essere libera a costo della propria vita.

Dopo 40 anni condannati i mandanti dell’omicidio

Solo nel 2012, grazie al figlio di Lia, Alessio Cordaro, è stata riaperta l’inchiesta sull’omicidio. Nel 2019 i mandanti Nino Madonia e Vincenzo Galatolo sono stati condannati a 30 anni. Lo scorso anno la sentenza è stata confermata in Appello. Giustizia è stata fatta, ma il dolore rimane. Lia era giovane, bella, piena di talento e voglia di vivere. Aveva frequentato il liceo artistico nonostante l’opposizione paterna. La sua unica colpa è stata voler essere una donna libera. Ma Palermo non dimentica Lia Pipitone, che insieme a tante altre vittime di femminicidio ci ricorda quanta strada ci sia ancora da fare per una società senza violenza sulle donne. Ogni panchina rossa è monito a non voltarsi dall’altra parte.