Incidente Casal Palocco, la psicologa: “I social demoliscono il rispetto della persona”

di Redazione


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L’Italia intera è attonita per quanto accaduto il 14 giugno a Casal Palocco (Roma), dove un incidente stradale tra un Suv Lamborghini e una Smart ha provocato la morte di un bambino e il ferimento della madre e della sorellina.

Gli occupanti della Lamborghini erano noti come animatori del canale YouTube TheBorderline.

Si ipotizza che i ragazzi fossero a bordo della Lamborghini per registrare un video da pubblicare sul loro canale, una sfida consistente nello stare per 50 ore all’interno dell’auto.

Una tragedia che ha strappato alla vita Manuel Proietti, 5 anni.

In rete si moltiplicano, ora dopo ora, le reazioni e l’indignazione. Ma non mancano i fan dei TheBorderline che li difendono, o comunque, invitano alla cautela. Insomma, la rete, ancora una volta, campo di battaglia.

Di questa drammatica vicenda abbiamo parlato con Sabina Salerno, psicologa siciliana e psicoterapeuta sistemico relazionale in fieri, facilitatore mindfulness e tecniche di training autogeno ed esperta di Emdr, un metodo strutturato che facilita il trattamento di diverse psicopatologie e problemi legati sia ad eventi traumatici, che a esperienze più comuni ma emotivamente stressanti.

Nei confronti degli youtuber protagonisti dell’incidente si sono scatenati la rabbia e l’odio dell’opinione pubblica. Cosa ne pensa?

“La tragedia di Casal Palocco è un episodio in auge che porta a riflettere su ciò che accade da sempre, e cioè al problema che si solleva sulla coscienza di tutti noi, che assurge ai valori morali ed etici che dapprima dovrebbero infonderci i genitori nel contesto familiare e poi la società in quello culturale.

“Chi non ha peccato scagli la prima pietra”.

Il senso del rispetto, dei diritti ma altresì dei doveri, di responsabilità e di civiltà. Deterrenti che dovrebbero allenarci alla solidarietà e all’amore proprio, piuttosto che alla rabbia e all’odio, nella palestra della vita. Emozioni senz’altro spontanee alla visione di un bimbo che muore in tenera età, ma che dev’essere un icona in senso di giudizio senza eludere quello dapprima di se stessi e poi del prossimo”.

I TheBorderline hanno ricevuto numerosi attacchi anche sui social network. Non manca chi gli augura le peggiori sofferenze, addirittura la morte, nonostante le indagini siano ancora in corso e la dinamica dell’impatto fatale da chiarire. Cosa scatta nella mente di chi chiede ‘vendetta’?

“La vendetta, nella fattispecie, o giusta punizione, il fine ultimo e uno stato d’animo allo stato brado, che reclama giustizia. Pertanto lo scopo consapevole della vendicatività è il castigo, la punizione nonché il raggiungimento di un agognato stato di pace e quiete interne. La persona immagina che una volta vendicato il proprio orgoglio ferito potrà assaporare un senso di forza e benessere. L’atto vendicativo è altresì un meccanismo di difesa, la cui funzione è quella di nascondere traumi più profondi accorsi nell’infanzia per espiare un senso di colpa silente e celato dal proprio essere.

È indispensabile e di buon auspicio aiutare la persona a comprendere che la vera vittoria non sta nella vendetta ma anche nel superamento del danno infantile subito dall’Io più stabile e maturo, in contatto con la realtà e capace oltremodo di tollerare le delusioni e le perdite che questa procura.

Tout court…il perdono. Donare per se stessi”.

Questi ragazzi erano molto apprezzati e seguiti sui social network. Proprio quei social dove adesso in tanti chiedono la loro ‘testa’. E’ possibile fare una riflessione sul ruolo dei social network? Sono strumenti che creano miti ma li distruggono in un battito di ciglia…

“Il social network è uno strumento utile per molti aspetti ed è palese che il web ha migliorato la qualità della vita sotto tanti punti di vista, ma ha ancor più sortito un effetto opposto, un ossimoro, avendo contribuito a iosa a demolire spesso il concetto di rispetto della persona, che dovrebbe assurgere al valore della vita, ma la quale invece perde il senso stesso della realtà umana. Per lo più, rendendosi responsabile di misfatti che ledono la libertà e l’integrità della persona stessa, l’essenza della sua incolumità pura.

I social sono senz’altro dei meri strumenti straordinari di potenziamento della nostra autostima, che ci permettono di ridurre il distacco che intercorre tra ciò che siamo realmente da ciò che idealmente vorremmo essere. Ad usare i media è la gente, siamo noi. Persone portatrici di bisogni, aspettative e valori e dettate da motivazioni quali il senso di appartenenza, stima, auto realizzazione. Soprattutto rivolta ai giovani, la costruzione dell’identità e promuovendo un’immagine ben confezionata di se (come fosse un prodotto, un brand).

Al contempo, dovremmo adoperarci ad un senso civico, morale e personale in tutto quello che facciamo e ancor prima pensiamo e divulgare valori non dissapori, in un “mare” di possibilità che abbiamo navigando su Internet e con il cuore e con la testa”.

Secondo quanto hanno riportato alcune testate giornalistiche, sul luogo dell’incidente sarebbero arrivati i genitori degli youtuber. Avrebbero rassicurato i figli definendo quanto accaduto “una bravata” e dicendo loro che si risolverà tutto. Intanto il Moige, il Movimento Italiano Genitori, ha chiesto di chiudere immediatamente tutti i canali social di TheBorderline perché diseducativi.

Gli youtuber, domenica, hanno deciso di dire basta, di abbandonare la loro attività, con lo stop del loro canale.

Quale compito spetta adesso ai genitori degli youtuber coinvolti? Sono tutti giovanissimi…

“Prima d’essere genitori siamo stati figli in un loop che si ripete a ritroso e nel divenire, e che attinge alle nostre origini, a chi siamo e da chi veniamo fin dagli antipodi. La famiglia, fucina di emozioni, di educazione e di morale, di rispetto e responsabilità ma che non dovrebbero risultare eufemismi bensì principi su cui costruire le fondamenta dei nostri figli ma dapprima di noi stessi, per un futuro migliore.

La prevenzione e la psicoeducazione deve nascere e crescere a partire dalle mura domestiche e poi scolastiche e sociali. Lo stile educativo, definito come quell’insieme di atteggiamenti del genitore adulto volto all’insegnamento delle buone maniere, dei principi, del valore delle cose che prescinde quello pecuniario e delle persone, quello pragmatico e che concorrono insieme a creare un clima di crescita attraverso il controllo ed il supporto. Azioni finalizzate a favorire l’individualità e l’autoregolazione rivolte all’affermazione di Sé. E ancora, attraverso espressioni di sostegno e calore, presenza e vicinanza affettiva e soprattutto disponibilità e accoglienza. Esserci, per soddisfare i bisogni e le richieste dei nostri figli e per la loro soddisfazione e realizzazione.

Adoperiamoci ad educarci.

“Il frutto non cade lontano dagli alberi”.

Siamo noi genitori icona di esempio, redarguiamo noi stessi per elargire il rispetto e i valori ai nostri ragazzi, all’insegna dell’umanità”.

E cosa dire in merito ai genitori del piccolo Manuel? Per loro si prospetta una vita segnata da un dolore senza fine…

“Con la parola “lutto” ci si riferisce al sentimento di intenso dolore che segue la perdita di una persona cara, dove la fatalità cede il posto all’inverosimile. Nel caso specifico trattasi della perdita di un figlio e in modica età, strappato alla vita, ancor prima di averla vissuta appieno. Straziante.

Il commiato pertanto è quell’insieme di manifestazioni esterne e intime che accompagnano la morte, facendosi contenitori delle angosce e delle espressioni più commosse di dolore, sostenute da un processo di “elaborazione al lutto”, in cui la persona trasforma l’assenza esterna in presenza interna e il tutto coronato da un profondo rispetto e silenzio, misto di preghiera e fede, per chi l’ha e non la perde.

La morte è ineluttabile come la vita e altresì richiede tempo e spazio, ma ci sono delle situazioni dove è difficile farcela da soli. Come questa. Avere la possibilità di esprimere e condividere la sofferenza è importante, per tale ragione sarebbe di buon auspicio, offrire ai genitori del piccolo Manuel un ausilio, attraverso la psicoterapia, affinché possano trovare uno spazio nella propria vita interiore per custodire il loro piccolo amore. Un angioletto in cielo. E trovare la pace in terra, nei loro cuori affranti. In una commistione di affetti e cordoglio dalle persone più care. Estendo le mie condoglianze con tutta l’anima, essendo madre, donna, persona e per ultimo psicologa con questo messaggio: “La morte lascia un dolore che nessuno può dimenticare. Ma l’amore lascia ricordi che nessuno può cancellare”. Sogni d’oro, piccolo Manuel?”.

Quale insegnamento possiamo trarre da questa vicenda terribile? Quali le riflessioni?

“La notizia di Casal Palocco degli youtuber coinvolti nel terribile incidente ha toccato un nervo scoperto che tutti fingono di non vedere. Le migliaia di comprensibili e terribili offese giunte ai ragazzi sono di sicuro un modo di far uscire la rabbia, ma dentro c’è anche una buona lavata di coscienza. Qual è il confine tra esprimere se stessi e il bisogno apparentemente fisiologico di tutti, di ricevere approvazione da parte di sconosciuti su internet? Una voglia anelata di approvazione e gratificazione, che colpisce soprattutto i giovani, di essere rilevanti, attuali. Attenzionati e visti. Alla ricerca di like che ancor prima hanno cercato fin dentro casa e che non essendo stati notati, si sono rivolti alla società, anch’essa scevra ahimè di valori e risorse. I famosi “mi piace” elevano l’ego di chi carica su internet le proprie idee e la propria “vita” ma che sui social racconta le pagine di quella che non abbiamo mai vissuto. Impariamo ad amarci!

Ieri è storia, domani è un mistero, oggi è un dono, per questo si chiama presente. Vivi e non soltanto esisti! Buona fortuna”.

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