A Palermo, il 25 novembre, l'evento “LIBERA(mi)” riflette sulla libertà negata con danza e consapevolezza contro la violenza sulle donne.
Giulia Cecchettin, “L’amavo, la volevo per me”: la confessione di Filipo Turetta
Filippo Turetta, 21 anni, ha trascorso nove ore sotto interrogatorio presso il carcere di Verona, confessando di aver ucciso Giulia Cecchettin l’11 novembre. In lacrime, Turetta ha dichiarato di avere amato profondamente la vittima e di non avere accettato la fine della loro relazione estiva. Il giovane ha rivadito la volontà di pagare per le proprie responsabilità, cercando di respingere l’ipotesi di premeditazione. “L’amavo, la volevo per me, non accettavo che fosse finita”, ha detto il 21enne.
La violenta ossessione
Giulia Cecchettin aveva lasciato Turetta la scorsa estate ma il giovane non accettava la fine della relazione. Utilizzando comportamenti manipolatori, descritti come violenza psicologica dalla stessa vittima alle amiche, Turetta avrebbe tentato di riconquistarla. Il racconto dettagliato rivela una lotta tormentata per il recupero della relazione.
L’aggressione fatale
La sera dell’omicidio, nel parcheggio vicino alla casa della vittima, qualcosa in Turetta scatta. Nel tentativo di respingere l’idea di premeditazione, il giovane afferma di aver perso completamente la testa. La violenta aggressione si sviluppa in due fasi, con la vittima che lotta per quasi 30 minuti tra Vigonovo e Fossò. Turetta, difeso dagli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, nega la premeditazione ma ammette il proprio “pentimento”.
La ricostruzione
Come riportato dall’Ansa, in via Aldo Moro Turetta Filippo spinge Giulia a terra quando lei è già fuori dall’auto e la colpisce con dei calci. “Così mi fai male”, urla lei chiedendo aiuto. Un primo coltello spezzato sarà trovato a terra. Un vicino di casa dal balcone vede la scena e chiama il 112 quando sono le 23.18ma nessuna pattuglia interviene sul posto e poco più di dieci minuti dopo la macchina di Turetta ricompare, così indicano le telecamere, nella zona industriale di Fossò, dove avviene la seconda fase dell’aggressione col coltello con una lama da 12 centimetri che sarà recuperato nell’auto del giovane arrestato in Germania. Un coltello che Turetta aveva con sé ma, avrebbe sostenuto lui, non perché aveva pensato di “far del male” all’ex fidanzata. Resta il fatto che lei ha lottato per salvarsi per quasi 30 minuti, tra Vigonovo e Fossò. “Non volevo farlo, non so cosa mi sia preso”, ha provato a dire Turetta, “pentito”, stando alle sue parole. Una delle ipotesi al vaglio degli inquirenti, che stanno cercando in queste ore riscontri alle sue risposte, la coltellata fatale all’arteria basilare, nella parte posteriore del collo, il giovane potrebbe averla sferrata all’interno dell’auto a Fossò. In quel “buco” di 10 minuti, tra le 23.40 – quando la ragazza viene “spinta” a terra, sbatte la testa contro un marciapiede e il ragazzo la carica nuovamente dentro l’auto – e le 23.50 quando la Fiat Grande Punto viene inquadrata mentre lascia la zona industriale. Si sta verificando, però, anche se Turetta possa aver sferrato quel fendente mortale proprio mentre inseguiva Giulia che scappava, prima che cadesse a terra.
L’ipotesi dell’omicidio preterintenzionale
In fase di indagine, emergono ipotesi sulla dinamica dell’omicidio preterintenzionale. Turetta potrebbe aver sferrato il colpo mortale durante l’inseguimento di Giulia. Tuttavia, il giudice Benedetta Vitolo afferma chiaramente che la “volontà” dell’omicidio è “palese” data la “crudeltà” dell’aggressione a “più riprese”.
Le possibili conseguenze giudiziarie
Gli inquirenti stanno valutando le risposte di Turetta, cercando riscontri alle diverse fasi dell’aggressione. Se entro sei mesi dall’arresto saranno completate le indagini, potrebbe aprirsi la strada per un processo con rito immediato. Oltre alla premeditazione, ulteriori aggravanti come “crudeltà” o “motivi abietti” potrebbero portare alla condanna all’ergastolo.