Le relazioni malsane e i femminicidi non fanno più differenza fra età, ceto sociale e provenienza geografica. Non si tratta più soltanto della periferia del Mezzogiorno e di nuclei familiari di stampo patriarcale: oggi questa realtà abbraccia anche città, villette con il giardino e il ceto medio.
Il padre-padrone di una volta oggi, sempre più spesso, lascia il posto alle nuove generazioni, quelle stesse che, almeno in apparenza, sembrano più sensibili al tema della violenza di genere e che la società cerca di sensibilizzare per riportarle sulla strada giusta. Ma, nonostante ciò, qualcosa è andato storto. Oggi, con l’omicidio di Giulia, in Italia salgono a 103 le donne uccise dall’inizio dell’anno. Di queste, ben 83 sono vittime di femminicidio. Una ogni quattro giorni.
Innanzitutto in vero problema è che si continua a confondere l’amore con il possesso. Da una parte per gli uomini, di qualsiasi età e ceto sociale, la donna è una proprietà privata che non si può perdere, per alcun motivo. Dall’altra, accanto a questi uomini ci sono donne che hanno un grave problema di disamore e di bassa autostima nei propri confronti. Per questo motivo, pur riconoscendo tutti i segnali di una relazione malsana, non riescono a fuggire e restano imprigionate in storie sbagliate nell’errata convinzione che ciò che si subisce sia ciò che si merita.
Tuttavia ci sono anche le eccezioni. Ad esempio nel caso di Giulia Cecchettin ( e in tanti altri) la vittima può anche essere una donna forte e determinata che era riuscita a liberarsi da una relazione malsana. In questo caso è stato il carnefice ad interpretare il ruolo della vittima cercando di manipolare la realtà incolpando l’altra parte di essere la causa delle sue reazioni violente o aggressive.
Anche se sarebbe errato generalizzare, è possibile riconoscere una relazione a rischio e una ‘persona tossica’ prima ancora che si arrivi alla violenza fisica. Innanzitutto si tratta di una persona egoista ed egocentrica preoccupata esclusivamente dei propri bisogni, che svaluta quelli dell’altra, che crea sensi di colpa nella donna e che non le chiede mai scusa se non quando si accorge di stare per perderla. Ma sono “lacrime di coccodrillo” che si asciugano non appena l’altra ci ricasca perdonandolo. Altro elemento da attenzionare è la gelosia e il controllo ossessivo dagli abiti agli amici fino alle abitudini, che portano la donna ad allontanarsi completamente dal proprio contesto affettivo, sociale e spesso anche familiare, e a ritrovarsi da sola.
E allora non bisogna abbassare la guardia. Non devono farlo le ragazze, ma neanche scuola e famiglia che possono intercettare quelli che sono i campanelli d’allarme, spesso abbastanza evidenti perché riguardano un drastico cambiamento nelle abitudini sociali (non si frequentano più gli amici) e non di rado nel modo di vestire. Per il resto, le parole d’ordine sono ascolto ed empatia.
Occorre ricordare che chi ha autostima non ha bisogno di elemosinare amore o di incentrare una relazione sul controllo, e sarà in grado di costruire una relazione affettiva alla pari, incentrata sull’amore e sul rispetto.
Bisogna, inoltre, tenere sempre a mente che la colpa non è sempre degli altri, che nella vita bisogna assumersi le proprie responsabilità e accettare anche i no, i divieti e i fallimenti, che si tratti di un brutto voto a scuola o del rifiuto di una ragazza. Solo crescendo in questo modo si potrà diventare persone in grado di affrontare la vita a testa alta.
Bisogna insegnare a sé stessi e ai propri figli ( e figlie) ad amarsi, a darsi valore e ad impedire di essere calpestati. Solo si avrà la possibilità di non incappare in relazioni malate e in amori tossici o di riconoscerle e liberarsene prima che sia troppo tardi.