Che differenza c’è tra assegno divorzile e di mantenimento, in che modo si applicano le due misure previste dalla legge? Ci spiega tutto L’avv. Cristiana Covaleov
L’assegno di mantenimento nella separazione
Quando sentiamo parlare di assegni di mantenimento tra personaggi dello spettacolo vengono spesso evocate cifre da capogiro, ben lontane da quelle che invece versa o percepisce la gente comune in caso di separazione. In ogni caso, i principi per determinare l’entità di tali assegni non cambiano.
Già nella prima udienza della causa di separazione (la cosiddetta udienza presidenziale, poiché dev’essere tenuta dal Presidente del Tribunale), il Giudice determina un contributo che il coniuge più ricco dovrà versare a favore di quello più debole economicamente.
Diciamo subito che non esistono dei precisi parametri di riferimento e che ogni Tribunale, o meglio, ogni Giudice, decide in base al proprio libero convincimento, tenendo presente non solo il guadagno (che è il totale di tutti i guadagni annuali, comprese tredicesime, quattordicesime, straordinari, premi e quant’altro diviso per 12), ma anche l’intera consistenza patrimoniale dell’obbligato.
L’assegno di mantenimento può dunque essere chiesto solo dal coniuge che abbia redditi inadeguati a mantenere, da separato, lo status economico goduto durante la vita matrimoniale e nei confronti del quale però non sia stato pronunciato l’addebito, cioè la responsabilità della fine dell’unione matrimoniale.
L’ammontare dell’assegno, che è soggetto ad una rivalutazione annuale (generalmente secondo gli indici ISTAT, a meno che le parti non scelgano altro parametro di rivalutazione), è stabilito rebus sic stantibus, ed è dunque sempre modificabile (e perfino revocabile!) nell’ipotesi in cui subiscano variazioni i redditi delle parti: per ottenere la modifica è necessario rivolgersi al Giudice, dimostrando il variare delle condizioni economiche.
L’assegno può essere revocato nell’ipotesi in cui il coniuge che ne ha diritto si risposi, poiché si presume che il nuovo coniuge provveda in tal senso.
Per la legge italiana sono nulli i patti prematrimoniali con i quali si rinuncia all’assegno di mantenimento in caso di separazione.
Al coniuge che non versa l’assegno concordato nella separazione consensuale o stabilito nella sentenza dal Giudice può essere pignorato lo stipendio o una proprietà; può anche essere stabilito che il suo datore di lavoro, o l’ente pensionistico, versi una parte della sua retribuzione mensile direttamente al coniuge che ha diritto all’assegno.
Non dimentichiamo che la condotta di chi non versa l’assegno di mantenimento può, a certe condizioni, perfino integrare gli estremi di reato penale, commettendo una “violazione degli obblighi di assistenza familiare”.
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